Daniele Cernilli e l’AIS

Un amore per il vino e per la divulgazione che dura da 45 anni. Per festeggiare il duraturo rapporto che lega Daniele Cernilli con l’Associazione Italiana Sommelier, una sala piena di soci e una selezione di vini estrosi si sono trovati a Milano al The Westin Palace Hotel.

Silvia Fratini

La consacrazione, il riconoscimento, è quella circostanza per cui un nome si associa a uno specifico ambito anche senza essere esperti di quel settore. È certamente questo il caso di Daniele Cernilli, nome noto a un pubblico più o meno ampio che al vino si rivolge più o meno saltuariamente.

Giacca blu e golfino bordeaux, Cernilli celebra questi 45 anni di tesseramento con l’Associazione Italiana Sommelier. Un’occasione per condividere lo spirito e la passione con cui ha vissuto questi anni di incontri, assaggi e narrazioni, e uno spazio e un tempo in cui il protagonista della serata inanella incontri e date cardine con la grazia e la favella di un oratore consumato.

Tutto inizia nel dicembre del 1979 in quel di Roma, sotto gli auspici e la guida di Angelo Bruschi, tessera AIS numero 12 e il taglio della capsula sopra il cercine – taglio che ancora Cernilli adotta. All’epoca l’AIS era un crogiuolo di sparuti appassionati, professionisti per la maggior parte, impegnati in enoteche e in ristoranti. I nomi che scorrono nel corso del racconto sono tanti, famosi, celebri, notevoli. Ci sono Franco Colombani del Sole di Maleo – luogo di grande ristorazione e grandi vini, Franco Tommaso Marchi, direttore AIS e mentore di Edoardo Raspelli, Antonio Piccinardi, autore della prima scheda di analisi organolettica di AIS, Angelo Solci, punto di riferimento enoico nel panorama meneghino con la sua enoteca. Compare tra i molti nomi anche Severino Severini con il suo ristorante a Piazza Zama, prima stella Michelin romana fuori dalle Mura Aureliane, un anfitrione e imprenditore dalle capacità spiccatissime. Di lui Cernilli ricorda le serate passate a battere a macchina le comunicazioni AIS su fogli di cera, da passare poi al ciclostile per avere le copie da inviare ai soci romani, all’epoca, una cinquantina.

Interrogandosi sul suo percorso, Cernilli si sofferma sul valore di AIS anche a distanza di anni. La risposta, racconta, non sta in un prodotto o in un contatto, ma in un elemento di approccio ontologicamente rilevante: il metodo. Il metodo è, in questa impostazione scientifica e necessariamente socratica in Associazione, quello strumento che consente di passare dalle bicchierate con amici alla bevuta consapevole, dalla nozionistica alla conoscenza, dalla passione alla professione.

Nell’approccio ai vini della serata, l’apprendimento legato al metodo lascia spazio fino a rendersi trasparente: non vini didattici, non schede di status ma vini del cuore che raccontano una storia personale, una carrellata di profili, filari e profumi puntellati di ricordi.

Tenute Quarta Blanc de Pinot Noir 2021 - Fattoria Mancini 

Focara, qualche chilometro a nord di Pesaro, è zona di inaspettata sperimentazione. Qui, in epoca napoleonica, sono stati impiantati cloni di pinot noir, un vitigno che dopo duecento anni e cinque generazioni Fattoria Mancini considera ormai autoctono, insieme a sangiovese, ancellotta e albanella. Venti ettari di vigneto si affacciano sul mar Adriatico aggrappati a suoli di arenaria calcarea con vene gessose, tutti compresi dentro il Parco Naturale del Monte San Bartolo: un anfiteatro di grande impatto.

Il pinot nero vinificato in bianco che assaggiamo nasce da una pressatura soffice di uve intere a bassa temperatura (9 °C): un modo per ricordare come le innovazioni tecnologiche in campo enologico, come le presse orizzontali, hanno portato all’ideazione di vini altrimenti impossibili da realizzare.

Nel calice si presenta paglierino con sfumature dorate e un naso che si apre con note di frutta esotica matura e accenni di pietra focaia. All’assaggio si rivela fresco e spavaldamente sapido, rotondo nelle sue sfumature leggermente burrose che chiosano su un minerale lungo e persistente.

Terre Siciliane Nerello Mascalese 2021 - Alberelli di Giodo

Dal cuore di un’azienda toscana, tutta concentrata sul sangiovese, alle pendici dell’Etna: un passo lungo quello fatto da Giodo, la cantina di Carlo Ferrini, enologo di lungo corso e amico intimo del protagonista di questo racconto. Un amore per una montagna di oltre tremila metri di altitudine al centro del Mediterraneo, dove si assommano vecchi impianti ad alberello di nerello mascalese anche pre-fillosserici, impiantati oltre gli 800 metri di altitudine - versante Nord.

Granato chiaro: nessuna malvidina e poca peonidina. Al naso spuntano ribes e frutti rossi con accenni erbacei di salvia e menta. L’assaggio è teso ma terso, il tannino astringente si accompagna a una bella l’acidità che regala un equilibrato dinamismo al sorso.

Rosso Piceno DOC Superiore Roggio del Filare 2021 - Angela Velenosi

L’incontro di Daniele Cernilli con Angela Velenosi avviene a Sydney, al ristorante Machiavelli, durante una presentazione di produttori italiani. Da qui nascerà il pretesto per un giro di scoperta del territorio ascolano, ricco di terreni argillosi ottimi per la produzione di rossi, dimora eletta per il montepulciano, vitigno tardivo di grande estrazione e, in questa versione, accompagnato dal sangiovese quasi ad ammorbidire l’impatto corposo del vitigno principe.

Rosso rubino brillante. Si liberano sentori di amarena, mora e frutti neri, su tutti ciliegia scura, con un pizzico di legno. Vellutato ma possente nella trama, il sorso si marca di una morbidezza alcolica che ammansisce i tannini, allargandosi sino a diventare calore.

Torgiano Rosso Riserva DOCG Rubesco Vigna Monticchio 2019 - Lungarotti

A 15 chilometri a sud di Perugia, dove il clima rigido influisce sulle vendemmie, si trova Vigna Monticchio, un vigneto a 300 metri di altitudine da cui nasce, nel 1964, il Rubesco Riserva Vigna Monticchio a base sangiovese e canaiolo. Il vino diventa il fiore all’occhiello della cantina Lungarotti, creata da Giorgio Lungarotti dall’unione delle aziende agricole di famiglia, e grande protagonista della viticoltura umbra.

Rosso rubino intenso e vivo nel bicchiere, al naso offre sentori di ciliegia, visciola e cannella, con lievi note di legno in sottofondo. L’assaggio è agile, concentrato e ritmato da una acidità snella che governa i tannini, ancora leggermente corti. Persistente, chiude caldo e armonico su note di confettura di visciola.

Chianti Classico DOCG Gran Selezione 2016 - Carpineto

Siamo a Dudda, Greve in Chianti, a nord-est della zona del Chianti Classico. Qui i terreni sono della cantina Carpineto, fondata nel 1967 da Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo. Per Cernilli è una bottiglia del cuore: a 35 anni, è stato il primo vino acquistato di tasca propria nella bottega Vini e Olii sotto casa.

Il sangiovese in purezza regala un vino rubino intenso e vivo. Il frutto al naso è maturo, con note di frutti di bosco e spezia dolce che accennano alla terziarizzazione. Avvolgente in bocca, conferma la persistenza su note dolci, suadenti, armoniche. Tannino quasi scivoloso. 

Barolo Sarmassa DOGC 2016 - Marchesi di Barolo

Una vigna quasi interamente appartenente a Marchesi di Barolo – al netto delle parti di Voerzio e Damilano - quella di Sarmassa, esposta a sud-est su un fianco di collina di buona pendenza. Anche se in zona di epoca geologicamente Tortoniana, in questo angolo di Langa il suolo è elveziano con la presenza di sassi e argille compatte che limitano l’attività vegetativa del nebbiolo rendendolo rispondente alle variazioni climatiche dell’annata. Oggi è la sesta generazione della famiglia Abbona a guidare la cantina, che possiede vigneti nelle Langhe, nel Roero e nel Monferrato.

Un Barolo che ha il fiato di Barolo, per dirla con Veronelli: rosso granato deciso, un bouquet di fiori secchi, ribes e melagrana al naso, arricchito da note balsamiche che virano verso il tabacco e la resina. Il sorso pieno ed elegante si dipana lunghissimo su sentori di fava di cacao e si chiude su note speziate lievemente boisé.

Con questi assaggi si chiude la serata dedicata a Daniele Cernilli. Nelle parole del Presidente di AIS Lombardia Hosam Eldin Abou Eleyoun, un momento per l’Associazione in cui ringraziare un maestro, riconosciuto per la capacità di esprimere con sintesi e chiarezza i propri messaggi, per l’entusiasmo travolgente e soprattutto per la volontà di valorizzare il vino e il territorio italiano nel mondo.