I vini di “fuoco e ghiaccio” tra Oregon e Stato di Washington

AIS Pavia dedica un approfondimento d’elezione ai vini della West Coast statunitense con un grande maestro, Guido Invernizzi, capace di far scoprire zone ad altissima vocazione, senza bisogno di viaggiare decine di migliaia di chilometri e diversi fusi orari.

L’Oregon e le sue origini

La Facoltà di Enologia di Portland cita “French Soul, Oregon Soil”; con un gioco di parole, cambiando solo una lettera, hanno già fatto capire il concetto: anima francese ma il suolo è dell’Oregon. «Già, perché qui vi è un terreno unico al mondo, parzialmente vulcanico e parzialmente glaciale» ci spiega Guido Invernizzi.

A sud abbiamo la California, patria altisonante e di riferimento della viticoltura americana, a nord troviamo lo Stato di Washington; a est il confine è condiviso con l’Idaho e a sud est con il Nevada. L’Oregon viene anche chiamato the beaver state, ovvero lo stato dei castori, perché in questo stato è da poche centinaia di anni che la Vitis Vinifera prolifera e viene coltivata; i veri pionieri di queste terre sono stati i cacciatori e le compagnie di pellicce.

Dalla metà dell’Ottocento è arrivata la frutta dallo stato Iowa, «che non centra niente, è da tutt’altra parte e con tutt’altro clima; ma tra la frutta c’era anche l’uva». Di fondamentale importanza è stata la presenza di immigrati in Oregon grazie ai quali si è riusciti ad avere l’impulso, o meglio l’intuito, del potenziale vitivinicolo del Paese; in particolare grazie a uno svizzero, commerciante di frutta, il quale con la sua lungimiranza ha capito le potenzialità del territorio e ha fondato la prima azienda vitivinicola di tutto il nord-ovest.

Ci furono successivamente due tedeschi che piantarono altri vitigni a fine Ottocento, come lo zinfandel (nient’altro che il primitivo italiano piantato in California) e il riesling, con cui vinsero addirittura un premio alla fiera di Saint Louis. Il proibizionismo è poi sopraggiunto in Oregon, prima che nel resto degli Stati Uniti, e di conseguenza ci furono enormi difficoltà per lo sviluppo dell’industria nascente del vino. Arriverà Richard Sommer, tedesco-americano, a impiantare vitigni internazionali e a far ripartire le sorti di questa zona a partire dagli anni ‘60, venendo di fatto considerato il padre della viticoltura in Oregon.

A metà del 1960, David Lett fu il primo a credere nelle potenzialità del pinot nero, pensando di poter ottenere risultati anche migliori per qualità dei vicini californiani.

Risale agli anni ’70 la prima zonazione da cui è iniziato ad emergere il “sacro graal” del pinot nero, ovvero la futura Willamette Valley AVA (American Viticoltural Area), tra Salem e Portland. 

Basti pensare che qui hanno iniziato a comprare terreni e creare aziende i più grandi nomi di Borgonga, ad esempio Drouhin, e “se il francese si muove è perché ha le idee molto ma molto chiare” puntualizza giustamente Guido.

Nel 1979, però, una vera svolta per questa zona e per il pinot nero: il vino South Block Reserve Pinot Noir 1975 dell’azienda The Eyrie Vineyards vince in una degustazione alla cieca alle olimpiadi del vino del Gault-Millau a Parigi. Per l’epoca è stato qualcosa di sconcertante.

In una degustazione alla cieca fra enologi ed esperti francesi nel 1985 nessuno riuscì a distinguere il pinot noir dell’Oregon da quelli borgognoni.

Ad oggi si può dire che l’Oregon sia lo stato che investe più denaro e risorse per la ricerca; la Facoltà di Enologia di Portland, insieme alla Facoltà di Devis in California, la Facoltà di Stellembosh in Sud Africa e quella di Okland in Nuova Zelanda, sono le prime università di enologia al mondo proprio grazie al loro potere di investimento in ricerca e sviluppo: l’esatto opposto di quello che avveniva in passato, dove tutto il mondo veniva ad imparare ad Alba e Bordeaux.

Il clima dell’Oregon

Già dalla geografia dell’Oregon si intuiscono diverse cose: verso il Nevada il paesaggio è praticamente desertica, verso l’Idaho, al contrario, il clima diventa freddo e piovoso. Il risultato è un’ampia presenza di microclimi che consentono di diversificare molto gli stili di vino realizzabili.
Partendo dall’Oceano Pacifico e proseguendo verso est troviamo la Coast Range, a seguire la “promised land” cioè la Willamette Valley in cui si trovano la capitale Salem e Portland; abbiamo poi le Cascades, i monti Klamath, l’altopiano del fiume Columbia e la regione del Gran Bacino.

Questa successione geografica e l’influenza dell’Oceano Pacifico (l’effetto marino è eccezionale e molto importante) fa passare dal clima freddo alle montagne costiere per arrivare al clima desertico Più ci si muove verso est più il clima diventa caldo, verso ovest diventa invece piovoso e umido.

Le Missoula Floods

L’Oregon e lo Stato di Washington, una quindicina di migliaia di anni fa, sono stati plasmati da inondazioni cataclismatiche uniche, mai viste in nessun’altra zona.

Le Missoula Floods (o alluvioni di Missoula) hanno origine da un ancestrale lago glaciale che si collocava negli stati Idaho e Montana, chiamato appunto Missoula.

I numeri sono sbalorditivi: profondo circa 600 metri, copriva un area di 10.000km quadrati ed era chiuso da un muro di ghiaccio di 900 metri.

Periodicamente le acque di questo bacino, riuscendo a sfondare il ghiaccio che le conteneva, andavano ad allagare completamente l’Oregon e lo Stato di Washington orientale, lasciando dietro di se importanti quantità di sedimenti, ghiaie, sabbie, minerali e limo.

È stato stimato che le onde arrivavano fino a 125 metri di altezza, ad una velocità di 130 km/h, trasportando massi da 200 tonnellate e facendo strage di ogni specie animale e vegetale esistente. La forza complessiva era 90 volte più potente dell’arma nucleare più distruttiva mai creata.

Tale processo, lasciando dietro di sé sedimenti del fondale lacustre e depositi glaciali oltre a sedimenti trasportati dal vento (loess) e basalti, ha fatto si che si creassero elementi ideali per lo sviluppo di frutteti e vigneti.

I vitigni

Le uve internazionali, come è ben facile immaginare, la fanno da padrone, seppur specifica Guido, si fa di tutto, raccontando ad esempio di ottimi albariño (vitigno a bacca bianca tipico della Galizia in Spagna).

Il pinot nero è il più coltivato in assoluto ma, a livello mondiale, hanno ricevuto almeno un riconoscimento importante anche pinot grigio, chardonnay, syrah, cabernet sauvignon, merlot, riesling, viognier, tempranillo, cabernet franc, malbec, pinot bianco, gamey, gewürztraminer.

Questo grazie alla già discussa complessità dei terreni e dei microclimi di queste zone, indiscutibilmente tra le migliore zone per vocazione al mondo!

I suoli 

Sono tre i principali suoli e vengono considerati la quinta essenza della qualità dei vini dell’Oregon: Jory, Laurelwood e Willakenzie.

I terreni Jory derivano da suoli basaltici presenti sul fondo del mare 15 milioni di anni fa ed essendo ricchi di ferro spesso presentano un colore rosso vivo; la presenza di argilla permette di limitare l’irrigazione di soccorso. Questi suoli vulcanici restituiscono nel bicchiere sentori speziati e fruttati.

I terreni Laurelwood sono formati da loess, ovvero particelle eoliche di origine glaciale; sono particolarmente rari e possono dare vini unici ma va prestata attenzione all’azione del vento in quanto l’erosione può essere particolarmente marcata. I marcatori sono sensazioni terrose e di frutta rossa scura.

Infine i terreni Willakenzie sono di origine marina con presenza sia di fossili sia di suolo vulcanico, in quanto presente nell’oceano al momento della formazione. Questa composizione va ad incidere sull’espressività, in particolare la sensazione sapido/minerale, molto diversa dai due precedenti e caratterizzando l’olfatto con frutta nera e sensazioni terrose.

Le principali AVA

Le AVA, American Viticoltural Area, sono le denominazioni di origine americane che si distinguono per clima, geologia e geografia di rilievo nella viticoltura di qualità.

Negli USA, a oggi, ci sono circa 276 AVA in 34 stati, di cui alcune presenti in più stati, e più della metà si trovano in California.

Nella Willamette Valley ci sono delle AVA e delle “sub” AVA, cioè zone differenziate tra di loro ma altamente vocate all’interno di una AVA più grande, un concetto quindi diverso rispetto alla differenza tra cru e grand cru, ad esempio.

Una delle più rilevanti è Eola-Amity Hills, nella parte meridionale della Willamette Valley. Perché è importante? Perché vicina a una sorta di corridoio, come fosse una grande autostrada, che passa attraverso la catena costiera, «e quindi cosa accade? – spiega Invernizzi –. Aria fresca dal Pacifico viene incanalata; troviamo vitigni da clima freddo e un terreno sedimentario marino, il Willakenzie».

Dundee Hills AVA: qui si producono vini eccezionali, da questa zona proverrà uno dei vini in degustazione. Può essere considerata una zona epicentro per il pinot nero dell’Oregon dove la vigna più vecchia ha circa 50 anni. Qui il terreno è di tipo Jory

Van Dizer Corridor: corridoio naturale dove l’aria arriva ad essere il 40/50 % più forte di tutte le altre zone dell’Oregon. Vini più potenti, muscolari, e con tannini incisivi. Il terreno di tipo Willakenzie mette l’ultimo tassello per creare nei vini frutto, freschezza e struttura: anche qui grandi pinot neri.

Columbia Gorge AVA: denominazione interstato tra Oregon e Stato di Washington,da una parte all’altra del fiume cambia lo stato ma c’è omogeneità di terroir.

Chardonnay e pinot nero sono le varietà principali della “gola” del fiume Columbia, dove troviamo grande diversità di terreni e climi

Il Columbia, dopo le Missoula Floods, si è creato il suo sbocco verso l’oceano e qui ha creato una gola dove si ritrovano condizioni particolari, è sempre ventilata quindi anche nelle zone più umide questo vento da una sanità delle uve perfetta, il trattamento delle uve è ridotto ai minimi termini e le principali esposizioni sono a sud.

Lo Stato di Washington

La storia sull’origine della viticoltura dello Stato di Washington sostanzialmente coincide con quella dell’Oregon. Le prime vere Vitis Vinifera sono state portate nel 1860 nella Walla Walla Valley; già nel 1937 si trovavano circa 42 cantine.

Il vero padre della vitivinicoltura è considerato Walter Cloer, che da orticoltore è diventato viticoltore e ha reso famosa negli Stati Uniti la vera qualità di questi vini.

Lo Stato di Washington si trova a circa 46 gradi di latitudine, come Piemonte, Borgogna, Côtes du Rhone, e grazie al clima e ai suoli produce ottime uve e alcuni dei più grandi vini del mondo attraverso due principali e distinte AVA.

La Puget Sound AVA è la zona più a ovest in assoluto, intorno a Seattle, ed è caratterizzata da un clima molto piovoso.

I grandi vini dello Stato di Washington si trovano nella zona orientale, perché qui la presenza di due catene montuose, le Olympic e le Cascade, proteggono dalla pioggia e dalla eccessiva umidità.

Vini di fuoco e ghiaccio sostanzialmente, come in Oregon, in quanto troviamo terreni vulcanici attraverso la genesi in mare di un letto di rocce basaltiche, unite alle epiche inondazioni dal lago glaciale Missoula e la presenza del fiume Columbia.

Si riescono ad avere quindi importanti escursioni termiche, probabilmente tra le più importanti al mondo insieme alla Nuova Zelanda e alla Patagonia, il risultato è una grande complessità aromatica e una solida acidità.

I vini in degustazione

Pinot Gris Columbia Gorge 2022 | Phelps Creek Vineyards
Pinot gris 100%.

Il primo vino in degustazione è un pinot grigio che, in queste regioni, prende di riferimento sostanzialmente il modello alsaziano; eccezion fatta per la presenza della Botrytis Cinerea in quanto non sussistono le condizioni per ottenerla.

L’azienda Phelps Creek si trova nella AVA Columbia Gorge (AVA interstato tra Oregon e Stato di Washington, caratterizzata dalla presenza di terreno vulcanico e detriti delle Missoula floods) e si estende per circa 12 ettari impiantati principalmente a chardonnay, pinot nero e pinot grigio.

Pratica un’agricoltura sostenibile e a guidarla c’è l'enologa francese di Bordeaux Alexandrine Roy, la quale ha chiaramente portato il suo stile in cantina.

L’annata 2022 ha eseguito la fermentazione, per il 10% della massa, direttamente in barrique di rovere francese, il resto del carattere del vino è espressione del clima freddo e del terreno.

Colore “rosellino”, tendente al ruggine, portato dal DNA del vitigno; il naso esprime certamente la gioventù del vino, grande nota di frutta quale pesca e agrumi in genere. Un accenno speziato richiama l’affinamento in legno, a corredo note di tè macerato, fiori e sensazioni di sottobosco.

All’assaggio netta percezione acido/sapida, il sorso è da subito agrumato, caramella al selz e con un piacevole richiamo alle note di foglie del tè e a note terrose di sottobosco. Buona morbidezza e una sapidità “gessosa” che lascia la bocca leggermente polverosa, talcata. 

Ricorda molto lo stile del pinot grigio alsaziano, seppur il residuo zuccherino è minimamente percettibile dando una sensazione più secca.

Chardonnay Columbia Gorge 2021 - Phelps Creek Vineyards
Chardonnay 100%.

Questo chardonnay proviene dalla stessa azienda e dalla stessa zona del precedente bianco, viene affinato per 11 mesi in barrique di rovere francese di cui il 10% nuove e il resto di secondo e terzo passaggio. Viene effettuato il batonnage e il 50% della massa svolge la fermentazione malolattica.

Esprime da subito una riconoscibilità del vitigno evidente, colore vivo, paglierino, buona consistenza. 

Al naso è chardonnay! Questo grazie al primo marcatore subito percettibile: la banana, grazie alla presenza dell’acetato di isoamile.

Questa caratteristica non deve essere una “coperta” di chi fa il vino o di chi lo degusta, ma semplicemente il rispetto del varietale del vitigno, ovvero il primo compito dell’enologo.

Si susseguono complesse note floreali, tra cui la lavanda e l’acacia, poi una nota burrosa accompagna la scorza d’agrume e il cedro. La leggera speziatura e un sottile tono boisé rendono completa l’estrema eleganza di questo vino. Magnifico.

Al palato una bella nota di acidità, salivazione profusa. Nota croccante in bocca, di una salinità marina, quasi salmastra, a richiamare lontanamente il sottosuolo da cui deriva, appunto marino.

Vino equilibrato, con ampia piacevolezza di beva e con tutti gli incastri al posto giusto.

Chardonnay Columbia Valley Washington State 2021 | Chateau Ste Michelle
Chardonnay 100%.

Con il terzo vino si arriva allo Stato di Washington.  Dopo la vendemmia le uve vengono rapidamente portate in cantina e selezionate. Pressatura soffice e fermentazione in barrique a temperatura controllata. Affinamento di alcuni mesi su fecce fini prima del travaso. Complessivamente 12 mesi di riposo in barrique di rovere francese.

Vino coscritto del precedente ma troviamo un colore più carico. Lo stile richiama più la Cote de Beaune, nel Maconnais, quindi l’opposto dello stile di Chablis.

Naso tipico anche qui di uno chardonnay ben fatto dove il legno è protagonista ma senza coprire o esasperare le note burrose e tostate. I profumi legati alla banana risultano più maturi e lavorati, sentori di frutta tropicale molto evidenti, mango, papaya e ananas.

Nota agrumata, più simile ai canditi del panettone piuttosto che la scorza di cedro del precedente. Pienezza olfattiva molto elegante, alcol perfettamente gestito.

All’assaggio: bel vino! Diverso il concetto di salivazione rispetto allo chardonnay dell’Oregon.

Vino pieno e morbido. Nota boisé e tostata, maggiore rispetto a quello di prima ma è maggiore anche la struttura. Due vini diversi quindi, il precedente più sottile ed esile, questo più ricco e opulento.

Appassionata GG Riesling 2017 - J. Christopher
Riesling Renano 100%.

Questo vino è ispirato alle tecniche storiche del bisnonno del mitico Enry Loosen e prodotto con la stesso concetto di un Großes Gewächs (GG) della Mosella ovvero Grosses Gewächs ("Great Growth") vigneto di particolare distinzione. Tale parcella, chiamata Medici Vineyard, è stata piantata nel 1976 e si trova nella Chehalem Mountains AVA.

Pressatura a grappolo intero, fermentazione in rovere tedesco da 3000 litri,poi sulle fecce fini per 12 mesi senza alcun batonnage. Vino immesso sul mercato 4 anni dopo la vendemmia.

Questa è una zona di produzione con grande diversità di altitudine e che produce vini molto intriganti, di grande complessità. 

Si trova all’interno della Willamette Valley a 70km a est del pacifico con i monti Chehalem che riparano dai venti della Columbia Gorge.

Qui abbiamo la presenza di tutte e tre le macrocategorie di terreni: vulcanici, sedimentari marini e loess Laurelwood.

Colore molto bello, più scarico e meno dorato del secondo vino che è più giovane. Naso piacevolissimo, tipico, nota di agrume, nota fruttata di mela, naso di interessante mineralità, ribes bianco croccante, sentori legati al petrolio, alla naftalina e al cherosene ma in quantità decisamente più contenute rispetto alle aspettative, vista l’età.

Al palato grande acidità e grande sapidità. Qui il concetto di mineralità è nuovamente diverso; siamo partiti dal concetto di gessoso, quasi di alga marina e salmastro, per arrivare qui, con una mineralità “scura” quasi carbonatica.

Vino comunque morbido, di buon equilibrio e con ancora una grande vita davanti.

Pinot Noir Columbia Gorge 2021 | Phelps Creek Vineyards
Pinot Noir 100%.

Ecco il momento dei due pinot noir, da due grandi aziende; questo primo è prodotto da Phelps Creek in Columbia Gorge e risulta un assemblaggio di 3 diverse parcelle, vinificate separatamente e affinate 12 mesi in barrique di rovere francese per il 10% nuove, il restante 90% di secondo e terzo passaggio.

Carica cromatica tipica del pinot nero, tono rubino, sano, con riflessi amaranto conservando ancora accenni violacei.

Naso prevalentemente fruttato, per intenderci, sottolinea Guido, uno stile molto più vicino ad un altoatesino che ad un pinot di provenienza borgognona. Frutta rossa e nera come ribes, mora, mirtillo, legno gestito bene, poi pepe, sottobosco, pelliccia.

Al palato tannino croccante e percettibile, certamente più catechico che non ellagico(cioè derivante dall’apporto del legno); davanti ha un avvenire in termini di longevità.

-

Pinot Noir Volcanique Special Selection Dundee Hills 2018 -  J. Christopher
Pinot Noir 100%.

Questo secondo pinot nero, come il precedente riesling, provengono dall’azienda J. Christopher di proprietà di Dr. Loosen ma, i vini, vengono fatti da Jay Somers, uno dei più grandi enologi al mondo del pinot nero.

La linea si chiama Volcanique, a ricordare il terreno vulcanico presente nel sottosuolo (di tipo Jori) e l’uva proviene da Dundee Hills, vigne di 30 anni impiantate con clone Pommard. Si procede ad una diraspatura per il 100% dei grappoli e la fermentazione malolattica avviene spontaneamente, affinamento di 18 mesi in barrique nuove per il 25%. Non viene filtrato.

Colore poco più carico ed evoluto del precedente,seppur presenta ancora accenni violacei.

Bel naso, d’impatto,concetto di frutto ben nitido, di mineralità e profondità, nota di carbone, di fiammifero, quasi a ricordare l’ardesia, chiusura su profumi balsamici. Alcol perfettamente gestito. Complesso e completo.

Al palato si palesa un gran vino, ritorni speziati e fruttati a ricordare il mirto, tannino vellutato e persistenza su note di inchiostro e liquirizia.

Cabernet Sauvignon Substance Washington State 2019 - Wine Of Substance
Cabernet sauvignon 100%.

Con questi ultimi due campioni in degustazione ci trasferiamo nello Stato di Washington, dove il cabernet sauvignon è certamente il vitigno più coltivato.

Con questo vino in particolare ci troviamo nella Walla Walla AVA e, l’uva, viene attentamente raccolta e poi ulteriormente selezionata in cantina. Fermentazione in acciaio inox e 12 mesi di affinamento in barrique nuove di rovere francese.

Colore rubino di bella presenza, vivo e con buona quantità di materia colorante.

Al naso, oltre al fruttato,si percepisce chiaramente la nota di peperonata in cottura, grazie alla ricchezza del vitigno di metossipirazine (responsabili dei classici sentori di foglia di pomodoro, sedano, finocchio e olive tipici in questa categoria).

Si susseguono nella complessità olfattiva le spezie e sentori di pipa spenta, vino elegante e pulito.

All’assaggio pienamente riconoscibile, secco, caldo, tannino che accarezza il palato e supportato da buona acidità. Chiusura su note vegetali balsamiche.

Syrah "Tenet The Pundit" Washington State 2020 - Chateau Ste Michelle
Syrah 100%.

Si può dire che questa azienda guardi al syrah in maniera diversa rispetto agli altri. Seleziona solo uva di prima classe che rapidamente viene portata in cantina. Fermentazione in barrique a temperatura controllata, invecchiamento di 12 mesi in barrique di primo e secondo passaggio. 

Questo 2020 si presenta di colore fitto, ancora percettibilmente violaceo, a ricordare la confettura di mirtillo.

Naso molto d’impatto con un frutto nero maturo ma non “cotto”. Uso perfetto del legno che non sovrasta la nota speziata lasciando esprimere la genetica del syrah, già ricco di suo di rotundone; chiusura su olive nere al forno e concentrato di pomodoro. Al palato ritornano note di inchiostro, spezia, leggera vaniglia; morbido ma assolutamente di bella salivazione. Lungo, equilibrato e armonico. Perfetto l’abbinamento con l’agnello!

Guido termina, a chiusura di questa splendida serata, con la considerazione che, seppur i francesi ritengano il vitigno syrah come “il più speziato”, in realtà la vespolina sviluppa circa il 500% di rotundone del syrah! A seguire il pelaverga di Verduno, il groppello di Revò, lo schioppettino, la vernaccia di Serrapetrona, la tintilia del Molise e persino il vitigno a bacca bianca grüner veltliner sono più speziati del syrah.