Il Cava e la ricerca di sé stesso
Racconti dalle delegazioni
21 maggio 2024

Luisito Perazzo ha condotto la platea di AIS Brescia in un viaggio tra le bollicine spagnole e le sue molteplici sfaccettature, con l’intento di delinearne una chiara identità.
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Come spesso è capitato nella storia della viticoltura europea, anche per il Cava il punto di svolta si è rivelato essere l’aggressione della fillossera. Prima di allora, infatti, il territorio spagnolo era dedito, per lo più, alla produzione di vini rossi, ma qualcuno, dovendo decidere da dove ripartire, ha avuto la felice intuizione di provare a produrre vini spumanti. Di conseguenza, cambia radicalmente, a partire dai primi anni del ‘900, in molte aree iberiche, la diffusione dei vitigni a bacca bianca, oggi presenti al 72% in quella che è la produzione del Cava.
Ma come si è arrivati all’idea di produrre delle bollicine territoriali spagnole?
In molte zone della Spagna il ventesimo secolo è stato un periodo di forte crescita con l’import di Champagne e, prima ancora, delle bollicine di Limoux, che non bastavano più a soddisfare la richiesta interna. Da qui la necessità, sia dai privati che dal mondo della ristorazione, di avere uno spumante di qualità prodotto all’interno dei confini nazionali, che consentisse di non dover dipendere dalle produzioni estere.
Da qui nasce il Cava come lo conosciamo oggi. “Cava”, il cui significato è, letteralmente, “cantina”, intesa come spazio di affinamento dei vini. Il termine comincia a diventare familiare a tutti in Spagna quando, negli anni ‘60, la natura regala un decennio fatto di annate straordinariamente positive e i vini vengono universalmente riconosciuti come estremamente piacevoli. Basta poco tempo perché il resto del mondo cominci a conoscere il nuovo vino espumoso iberico, e negli anni ‘70 parte in modo molto deciso l’export, in un primo momento verso i Paesi europei, poi, gradualmente verso il resto del mondo.
La nascita del disciplinare
Si rende dunque necessaria l’istituzione di un disciplinare di produzione per far sì che la produzione mantenga elevati standard qualitativi e fin da subito viene presa una decisione forte: il Cava deve essere prodotto in prevalenza con vitigni autoctoni. Dunque, il ricorso ai consueti chardonnay e pinot nero rimane marginale, cosa che nei decenni non è mai cambiata e, anzi, spesso viene portata all’estremo eliminando dagli assemblaggi i due vitigni classici della spumantizzazione internazionale. La DO (denominaciòn de origen) nata nel 1991 non identifica, infatti, un’area geografica, ma un preciso metodo di produzione.
Dunque, per poter capire fino a fondo il Cava, vanno giocoforza approfonditi quei vitigni che giocano il ruolo del protagonista negli assemblaggi.
I principali vitigni a bacca bianca sono:
- Macabeo (o macabeu): caratteristica peculiare di questo elegante vitigno è la maturazione tardiva, che spesso gli consente di scampare alle gelate primaverili. Gioca un ruolo fondamentale nel conferire acidità e, di conseguenza, capacità di evoluzione nel tempo
- Xarello (o xarel-lo): vitigno resistente per la sua buccia spessa e beneficia di temperature superiori rispetto al macabeo. I vini che si ottengono sono infatti ricchi, corposi e dalle curiose note affumicate;
- Parellada: ha un ciclo vegetativo molto lungo, germoglia presto e matura tardi, particolarmente indicato per le altitudini più elevate. Si ottengono vini delicati, con profumi di mela ed erbe aromatiche.
Mentre i principali vitigni a bacca rossa sono:
- Garnacha tinta: diffuso in tutta la Spagna, straordinariamente versatile al punto da essere utilizzato nei blend per la spumantizzazione e allo stesso tempo per produrre vini rossi di grande struttura, oltre che per ottimi rosati;
- Trepat: particolarmente espressiva e profumata, dona vini dalle curiose note speziate;
- Monastrell: carico di colore e tannino, in grado di esprimersi al meglio nelle versioni blanc de noirs grazie alle sue note fruttate e allo stesso tempo smaltate.
Le zone di produzione più vocate e le tipologie
Fin qui si è parlato genericamente di Spagna e, dal punto di vista regolamentare, è corretto poiché il Cava può essere prodotto sull’intero territorio iberico (dieci province). Ma, come sempre accade, sono pochi e limitati i territori dalla spiccata vocazionalità vitivinicola e si arriva, con il tempo, ad una produzione di Cava concentrata per quasi il 90% nel territorio catalano, in particolar modo nella regione del Penedès, area piuttosto estesa divisa fra le province di Barcellona e Tarragona. Il Penedès si divide in ulteriori tre aree, identificate come Bajo, Medio e Alto, con la diffusione delle vigne per lo più concentrata nella fascia intermedia, tra i 250 e i 500 metri di altitudine.
Per poter dichiarare il proprio spumante come Cava c’è poi un’ulteriore regola, probabilmente la più importante, che riguarda il tempo di stazionamento sui lieviti, identificato come “guarda”. Sono tre i livelli stabiliti dal disciplinare:
- Guarda: affinamento minimo 9 mesi e non oltre i 18 mesi
- Guarda Superior “Reserva”: affinamento minimo 18 mesi e non oltre i 30 mesi
- Guarda Superior “Gran Reserva”: affinamento oltre i 30 mesi
C’è, infine, una sorta di denominazione che va oltre il Gran Reserva con un regolamento ulteriormente restringente che viene identificato come “Cava de paraje calificado”. In questa particolare categoria rientrano i vini millesimati che hanno passato almeno 36 mesi sui lieviti, ottenuti da uve raccolte a mano in vigneti più vecchi di dieci anni e imbottigliati nel luogo della raccolta.
Cosa sono i Cava denominati Corpinnat
Una curiosità utile per chi è alla ricerca di uno spumante catalano di qualità: potrebbe capitare di imbattersi nella dicitura “Corpinnat” e di chiedersi, giustamente, che cosa sia. La storia dei Corpinnat comincia recentemente, nel 2018, per volere di nove produttori (oggi undici) che fondano l’associazione AVEC (Associació de Viticultors i Elaboradors Corpinnat). Il termine è, di fatto, l’aggregazione di tre distinte parole in lingua spagnola:
- Cor, ovvero cuore
- Pinna, ovvero il nome dialettale del Penedès
- Nat, ovvero naturale
I Corpinnat si producono solo da vigne di proprietà che siano biologiche certificate e possono essere ottenuti solo da uve vendemmiate manualmente. L’affinamento minimo è di 18 mesi, ma spesso i produttori si spingono all’estremo, portando gli affinamenti anche a 60 mesi.
La degustazione
Cuvée de Prestige Trepat 2021 Rosat Pàl-lid Cava Brut - Freixenet
100% trepat
Si presenta in un curioso colore ramato di bassa fittezza. Il naso è fine, elegante, si esprime su note di piccole bacche rosse quali il ribes e il mirtillo e su ricordi di mandarino su sfondo di leggera panificazione. Estremamente corrispondente al sorso, in cui sono facilmente percepibili i 9 g/l residui, un bell’aiuto in favore delle morbidezze in un vino che altrimenti avrebbe rischiato di diventare eccessivamente tagliente.
VEDC De la Finca 2020, Brut Nature - Raventòs i Blanc
54% xarello, 30% macabeo, 16% parellada
Vestito giallo paglierino particolarmente carico. Il bouquet olfattivo racconta di curiose sfumature eteree, quasi smaltate, contornate da scorze d’arancia, resina e pasticceria dolce. In bocca si riscontra una nota di pompelmo amaro e un frutto ben più succoso di quanto lasciasse intendere l’olfatto con una lunghezza giocata su una buona parte sapida.
Corpinnat Salvatge Ediciò Limitada 2015, Brut Nature - Cavas Nadal
55% macabeo, 38% xarello, 7% parellada
Novanta mesi sui lieviti non scalfiscono un colore che prova ancora a rivelare giovinezza con il suo giallo paglierino ben lontano da ricordi dorati. Al naso il frutto è di ottima maturità, pesca, ananas e lime si alternano a sbuffi di pasta frolla e mineralità gessosa. Quest’ultima la fa da padrona anche al sorso, che, però, rivela una singolare nota di zenzero.
Cava Brut Gran Reserva 2017 - Gran Juvé & Camps
25% xarello, 25% macabeo, 25% parellada, 25% chardonnay
Nel calice si presenta con netti riflessi dorati. Lo spettro olfattivo è decisamente ricco e si rivela su note che passano dal fumé alla cera d’api, dalla scorza d’arancia a una leggera nota di ossidazione, dal miele al caramello. Il sorso è sì scorrevole, ma riesce ad essere cremoso al punto di poterlo definire morbido, quasi corposo, anche grazie ai 7 g/l di residuo.
Corpinnat Subtil Brut Nature 2019 - Recaredo
100% xarello
Dorato pieno, nel cuore e nei riflessi. Naso che necessità di qualche minuto di attesa, ma poi si risveglia su bellissime note di tiglio e camomilla, che aprono la via a sentori di mela matura e un ricordo minerale scuro, di grafite. La bolla è estremamente elegante e regala un sorso di rara piacevolezza, pur senza cercare un finale dalla lunghezza chilometrica.
Corpinnat VEDC Brut Ex Vite 2014 - Llopart
60% xarello, 40% macabeo
Paglierino di media fittezza e di estrema brillantezza. Al naso risulta fin da subito estremamente espressivo regalando note di frutta tropicale quali l’ananas maturo e la papaya, spostandosi poi sulla frutta secca tostata come la nocciola e la mandorla, prima di arrivare alla pasticceria da crema. Quest’ultima traina un sorso che riesce ad essere sia di grande impatto che di grande persistenza, grazie soprattutto a una sorprendente sapidità.
Corpinnat III Lustros 2015 Brut Nature Finca Font de Jui - Gramona
70% xarello, 30% macabeo
Colore che non si scosta dal paglierino, sia nel cuore che sull’unghia. Al naso risulta estremamente intrigante e ben diverso dagli assaggi fatti fin qui. Nonostante la vinificazione interamente avvenuta in acciaio, a fare la parte del leone al naso sono le note di tostatura che rimandano più al cereale che alla torrefazione di caffè e tabacco, insieme a toni cinerei e di biscotto secco. La bocca non ha la pretesa di durare minuti, ma sorprende per un bellissimo finale di spezia dolce unito grande sapidità e ad un’effervescenza per nulla invadente.
Cava Gran Reserva Brut Nature 2019 Laietà Rosè - Alta Alella Mirgin
100% matarò
Rosa tendente al buccia di cipolla ed estremamente lucente. Il naso racconta la stessa storia che sentiremmo se ci trovassimo di fronte ad un pinot nero: netta percezione di fragolina di bosco, un ricordo di zucchero filato e di mandarino. La bocca è tagliente, scalpitante, con una leggera sensazione di astringenza. L’impressione è che il potenziale evolutivo sia importante e ci dà un chiaro suggerimento: la prossima la stappiamo fra un paio d’anni!
C’è una sola parola che può definire questo tipo di approfondimenti: gratitudine. Sì, perché bisogna essere grati di poter godere della sapienza di campioni come Luisito Perazzo in contesti perfetti come la sede di AIS Brescia, e perché raramente si ha l’opportunità di conoscere prodotti di così limitata diffusione nei confini italiani.