Ossidazione e territorio
Racconti dalle delegazioni
04 aprile 2025

Lorena Oddone, enologa girovaga tra Italia e Australia, e Adriana Licciardello, degustatrice e relatrice AIS, ci hanno condotto nel mondo dei vini ossidativi, attraverso una vera e propria lectio magistralis su una tipologia di vini di indubbio fascino, vere e proprie perle enologiche, che sanno raccontare il terroir di provenienza attraverso profumi e aromi unici.
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Un po’ di chimica per iniziare
Il nome vino ossidativo evoca di per sé la presenza di una reazione chimica, che gioca un ruolo fondamentale nel risultato finale.
L’ossidazione coinvolge due molecole, una che perde elettroni, quella che si ossida, e una che gli acquista, quella che si riduce. In ambito di vinificazione, ad esempio, una molecola di etanolo, ossidandosi, produce acetaldeide. Questa reazione può avere tanto effetti negativi sul prodotto finale, creando un difetto da contatto con l’ossigeno, quanto conseguenze esaltanti, andando a generare quella meraviglia gusto-olfattiva che sono, appunto, i vini in stile ossidativo, caratterizzati da un’attenta gestione delle ossidazioni.
Ma cosa si può ossidare nel vino? I composti fenolici, come antociani, tannini, flavonoidi, per citarne alcuni, e le componenti aromatiche, magari in presenza di affinamenti un po’ spinti. Nel dettaglio, L’ossigeno per ossidarsi necessita di un catalizzatore a facilitarne la reazione chimica. I catalizzatori possono essere di due tipi: chimici o biochimici (enzimi). In un’ossidazione chimica la molecola di ossigeno, incontrando nel vino ferro o rame, esempi di catalizzatori, reagisce con i composti fenolici cominciando a produrre pigmenti gialli e arancioni da un lato, e molecole dette radicali, come l’acqua ossigenata, dall’altro. Quest’ultima va ad attaccare l’etanolo producendo acetaldeide.
L’acetaldeide conferisce un aroma di mela ammaccata che, se presente in quantità eccessiva, crea una difettosità al vino. Se i livelli rimangono però bassi, questa molecola ha degli importanti effetti positivi, agendo sull’evoluzione dei tannini e la stabilizzazione degli antociani. L’eventuale ossidazione dell’acetaldeide produce il sotolone, principale responsabile di tutto il profilo aromatico dei vini ossidativi, cui conferisce aromi di miele, cera d'api, noce, fieno, carruba, fino al curry.
Nell’ossidazione biochimica sono, invece, gli enzimi a favorire la reazione, come, ad esempio, la tirosinasi, l’alcol deidrogenasi e la laccasi. Altre reazioni ossidative “famose” sono la caramellizzazione e la reazione di Maillard.
L’Unesco e i vini della Sun Belt
L’iniziativa, capitanata dalla Regione Sicilia, per il riconoscimento dei vini fortificati, tra cui il Marsala, come Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO, ha il fine di valorizzare l'inestimabile patrimonio storico, culturale ed economico di quella fascia climatica che copre i territori meridionali dell'Europa dove c'è una fortissima produzione di vini fortificati e ossidativi. Le zone vanno dalla Grecia insulare, alla Sicilia occidentale con il Marsalese, alla Spagna con l’Andalusia, al Portogallo con il Duero, fino alle Azzorre. Cinque tradizioni vinicole da preservare: Jerez de la Frontera, Madeira, Marsala, Porto e Samos.
Il progetto mira non solo a promuovere la tradizione che queste zone e i loro vini portano con sé, ma anche per consolidare il rapporto tra i relativi popoli che li producono. Questi vini rappresentano dei veri e propri ambasciatori di un modello di sviluppo che unisce sostenibilità ambientale, innovazione e tutela del patrimonio culturale. Il riconoscimento da parte dell’Unesco garantirebbe una maggiore protezione internazionale del nome e delle tecniche di produzione tradizionali, contrastando le imitazioni industriali. Sarebbe, inoltre, un volano di crescita economica per queste Regioni, stimolando il turismo enogastronomico e favorendo la crescita delle comunità locali.
Le quattro ossidazioni “volute”
Il velo de flor
Alcune varietà di Saccharomyces hanno una resistenza all'alcol limitata e se continuassero a produrre etanolo morirebbero. A questo punto si ha uno shift metabolico per cui il lievito degrada l’etanolo ad acetaldeide, che a sua volta originerà il sotolone. Essendo, però, il lievito in stress comincia a produrre anche degli acidi grassi la cui elevata concentrazione fa venire a galla i lieviti, che andando ad aderire uno con l'altro creano proprio una pellicola, detta flor, che proteggerà poi il vino dall’ossigeno.
Metodo Soleras
Nasce in Andalusia a Sanlúcar de Barrameda, terra di Sherry. Consiste in una piramide di vari strati di botti una sopra l’altra. La solera, dallo spagnolo suelo, suolo, identifica le botti appoggiate al terreno. Le file di botti sopra la solera prendono il nome di criaderas. La criadera più in alto è quella che contiene il vino dell’ultima annata. Nelle file più in basso si cominciano a trovare blend di vini provenienti da più annate, fino ad arrivare alla solera che è quella che contiene i vini delle vendemmie più lontane e da cui avviene l’imbottigliamento (detto saca). Il metodo Soleras permette di produrre un vino di qualità costante, frutto dell’incontro tra le varie annate presenti nel complesso di botti. Durante i rabbocchi è necessario evitare di rompere la flor.
Botti scolme
Con questo metodo il vino viene lasciato a contatto diretto con l’ossigeno, generando quindi delle ossidazioni chimiche. I vini che hanno un'ossidazione di questo tipo presentano componenti aromatiche sempre un po' più morbide e dolciastre rispetto all'ossidazione di tipo biologico, che sviluppa sensazioni eteree più marcate.
Estufagem
Questo metodo è tipico dei vini Madeira, isola portoghese che già dal XVI secolo era approdo delle navi inglesi in transito verso le Indie. Gli inglesi caricavano il vino in grandi botti che durante il viaggio, nelle stive, poteva essere sottoposto a elevate temperature, rendendolo poco gradevole all’arrivo. Spesso rimaneva invenduto e quindi riportato a Madeira. Ci si accorse che il vino durante il viaggio di ritorno, migliorava, diventando molto più piacevole. Si iniziò, quindi, a riscaldare il vino prima della partenza per poterlo poi vendere a destinazione.
Oggi, dopo che il mosto viene fermentato e fortificato, si mette in recipienti chiamati estufe de calor dove rimane circa 3 mesi a temperature di 45-50 °C. Successivamente il vino può, o continuare a maturare in botte e poi affinare in bottiglia, oppure può essere direttamente imbottigliato.
Gli esempi più raffinati di Madeira, però, vengono messi a contatto con il calore in botti di circa 600 litri, custodite nei sottotetti dei magazzini, chiamati canteiro. In questo caso la durata del processo è più lunga di 3 mesi.
Degustazione
L'Etoile Savagnin 2019 - Domaine de Montbourgeau
Questa AOC dello Jura nasce nel 1936 ed oggi copre circa 67 ha vitati. Deriva il suo nome dai fossili di pentacrini, antenati delle stelle marine. Il vitigno più diffuso è lo chardonnay (90%), affiancato da savagnin e poulsard.
Domaine de Montbourgeau, azienda a gestione familiare, conta 11 ha vitati a conduzione biologica. Il vino scelto è un savagnin in purezza da viti tra i 20 e i 90 anni. È una vendemmia tardiva, fermenta in botte e svolge la malolattica. Affina 3-4 anni in botti sotto il velo de flor.
Sfavillante paglierino fitto che non farebbe pensare a un vino ossidativo. Affascina subito il naso con un delicato sbuffo etereo di smalto che asseconda poi l’ingresso di profumi di frutta secca e disidratata. Continuando con la roteazione emergono effluvi tostati di mandorla e nocciola, quindi spezie, pepe bianco e cannella, e finale a sorpresa di umami. In bocca fresco e saporito, è puro velluto. L’alcol, ben gestito, asciuga senza eccedere nella sensazione pseudo-calorica facendoci apprezzare al massimo l’intensità aromatica di questo vino, cui si accompagna una lunga persistenza sulle note tostate sentite al naso.
Abbinamento consigliato: comté, cous cous e pollo al curry.
Sherry Fino - Bodegas Leon Domecq
Siamo in Andalusia nel triangolo dello Sherry, tra Jerez de la Frontera, Sanlucar de Barrameda ed El Puerto de Santa Maria. Sono circa 7000 ha vitati su terreni contraddistinti dalla presenza dell’albariza, roccia calcarea bianca tipica della zona. Nel calice abbiamo uno Sherry 100% palomino, che ha maturato 9 anni in solera sotto velo de flor, in botti di rovere americano.
Alla vista è un lucente paglierino di buona fittezza. Le sfumature di questo Sherry puntano decisamente verso il dolce: frutta candita, fiori di zagara, quindi chinotto, noce, nocciola, vaniglia e miele. Il quadro olfattivo è molto delicato ed elegante. Il sorso spicca per decisa freschezza e verticalità. Moderata la sapidità. Più marcata rispetto al vino precedente la percezione pseudo-calorica. Finale ammandorlato.
L’abbinamento consigliato è un parmigiano reggiano 48 mesi, sauté di vongole o sushi.
Marsala DOC Vergine secco Vintage 2004 - Intorcia Heritage
La cantina Intorcia, gestita oggi da Francesco, ha creduto fortemente nel Marsala, considerandolo un vero e proprio tesoro da tutelare e valorizzare con il progetto “Heritage”: una linea di etichette pensate per custodire e preservare l’eredità di una famiglia e un territorio. Il nostro Marsala Vergine secco è 100% grillo, derivato da vigne di 20 anni, maturato in botti scolme per oltre 10 anni.
Il colore già incanta: ambrato denso brillante. Al naso il suo fascino non è da meno: apre su mallo di noce e note eteree di smalto e lacca. Veniamo poi accarezzati da sentori tostati, radice di liquirizia e rabarbaro, chinotto, miele di castagno e caramello. Il gioco di alternanza tra freschezza e sapidità rende il sorso perfettamente equilibrato, avvolgente la nota alcolica assolutamente ben integrata. Persistenza senza fine su aromi di mallo di noce e miele di castagno.
Abbinamenti consigliati: formaggi erborinati, pesce fritto e bottarga.
Vernaccia di Oristano DOC Riserva 2008 - Silvio Carta
Coltivata nella parte ovest della Sardegna, la Vernaccia di Oristano ricopre circa 400 ha. I terreni sono di due tipi: “Gregori” (sabbiosi da antiche alluvioni poco feritili) o “Bennaxi” (vicini al fiume, profondi, freschi e di buona fertilità). La maturazione avviene in botti scolme sotto il velo de flor, anche con il metodo solera.
La cantina Silvio Carta viene fondata nel 1950 e si trova a circa 10 km dalla costa nella Valle del Tirso, beneficiando di un microclima particolare. Il maestrale porta dal mare le particelle saline fino ai vigneti, donando ai vini la loro tipica sapidità.
Colore ambrato simile al marsala, fitto e lucente. Il complesso corredo dei profumi, in questo caso, punta dritto alla tostatura, con sfumature di cacao e caffè. Si passa poi al balsamico, al fungo secco e alla macchia mediterranea, per finire con miele di castagno e uno sbuffo di vernice. Perfetta corrispondenza naso-bocca, forse ancora più che nel Marsala. Freschezza superiore alla sapidità e leggero tannino che asciuga la bocca e conferisce maggior corpo al vino. La nota sapida e il richiamo al fungo secco ci danno quel gusto tipico umami. Un altro vino di grande personalità e carattere.
Malvasia di Bosa Riserva – Giovanni Battista Columbu
Vitigno raro, presente in soli 30 ettari. Il vino matura in botti scolme di castagno sotto il velo de flor. La cantina Columbu è una piccola realtà di 3 ha in località Magomadas, dove si trova una parte dei vigneti, mentre il resto è a Bosa. La malvasia in degustazione proviene da viti di 10 anni, piantate su terreni calcarei. Fermenta in acciaio e matura per 2/3 anni in botti scolme sotto flor.
La tonalità di colore è sempre ambra, ma in questo caso meno fitta, ma comunque luminosa. Ampio il ventaglio aromatico: fiori secchi, mela ammaccata, sprazzi eterei di smalto, vernice, lucido da scarpe; quindi, agrumi canditi, radice di liquirizia, rabarbaro, pepe nero e torba. Difficile non rimanere estasiati difronte a tale varietà di profumi. In bocca è morbido, setoso, ha una struttura importante che lo rende masticabile. Alcol di nuovo ben integrato a supporto di una chiara freschezza e sapidità. Lungo finale tostato.
Abbinamento: pasticceria secca, pabasinnos e formaggi erborinati.
Madeira Malmsey 10 anni - Blandy’s
Vino che prende il nome dall’omonima isola, che conta 500 ha vitati. I terreni sono fertili, basaltici e ricchi di magnesio e ferro. Oggi il Madeira viene prodotto in estufagem, tranne che per i vini Colheita e Vintage, maturati in canteiro. La famiglia Blandy è l’unica tra tutti i fondatori del commercio del vino di Madeira a possedere e gestire ancora oggi l’azienda vinicola originale. Fondata nel 1811, possiede 8 ha vitati.
Nei calici abbiamo un Madeira 100% malvasia, proveniente da terreni vulcanici. La vinificazione prevede la macerazione pellicolare e fermentazione con lieviti indigeni. Matura almeno 10 anni in botti scolme di rovere, in canteiro.
L’ossidazione più spinta si riflette già nel colore, che vira ormai sul mogano. Al naso ci sorprende con profumi di castagna arrostita, dattero, fico secco, chinotto ed erbe officinali. Seguono note affumicate, acetone, miele di castagno e cioccolato. In bocca è robusto, con un ottimo bilanciamento tra la sensazione di dolcezza, la freschezza e la sapidità.
Impossibile non terminare il calice, specialmente in abbinamento con il cioccolato fondente al 75% previsto da Lorena e Adriana.
Una nota finale sugli abbinamenti testati: il Grana Padano 36 mesi ha trovato il suo compagno ideale nel Marsala, subito seguito dalla Vernaccia, mentre i primi due vini ne soffrivano la persistenza aromatica.
Il cioccolato, come già detto, era armoniosamente abbinato al Madeira, mentre risultava sovrastare la Malvasia di Bosa.
Un grazie speciale a Lorena e Adriana, per questo approfondimento appassionato che ha suscitato in sala un grande interesse e una bella interazione tra i partecipanti. I vini da ossidazione rappresentano davvero un unicum nel panorama enologico, sapendo essere a loro modo emozionanti.