A Milano sfilano le bollicine Trentodoc

A Milano sfilano le bollicine Trentodoc

Attualità
di Sara Missaglia
24 maggio 2024

Una giornata sparkling: al The Westin Palace a Milano è andato in scena il Trentodoc, con un banco di degustazione e sei masterclass che hanno rappresentato un momento di importante approfondimento sulla denominazione e sul Metodo Classico.

Il vino e l’identità territoriale: il Trentodoc è trentino. Quote, ventilazioni, esposizioni e suoli abitano all’interno di un calice che piace sempre di più agli italiani. Una importante accelerazione in termini di valore della produzione, che nel 2023 si assesta a circa 13 milioni di bottiglie vendute. Medaglie e riconoscimenti anche in campo internazionale premiano il percorso iniziato nel 1993 con il riconoscimento della Doc Trento. Da allora tutto in discesa. O in salita, dipende sempre da dove guardi le montagne.

Il territorio

Poco più di 10.000 ettari vitati, pari a circa il 2% della superficie a livello nazionale: un fazzoletto, ma di quelli dalla stoffa preziosa e ricamata. Il 13% circa della superficie vitata trentina è destinata alla spumantizzazione. Una regione di passaggio lungo le grandi rotte commerciali e delle grandi invasioni del passato, che poco più di cento anni fa non era nemmeno Italia. Ma il Trentino non è da “passi e vai”. Passi e resti, perché la montagna è una calamita e la dimensione verticale ha un potere magnetico. Il 70% del territorio del Trentino è oltre i mille metri, con vigneti che vanno dai 200 agli 800 metri s.l.m.; 94 sono le vette che superano i 3000 metri. I vigneti in Paradiso: esposizione, quota e ventilazione. 

Maurizio Dante Filippi«Non è un caso che il payoff dell'Istituto Trentodoc sia “Bollicine di montagna”. È l'unico metodo classico al mondo a poter godere di una carta d'identità scientificamente approvata. Perché le ricerche e le analisi di alcuni studi promossi dal Ministero delle Politiche Agricole e della Sovranità Alimentare in collaborazione con centri di ricerca universitari e con la Fondazione Edmund Mach di San Michele all'Adige, portano il Trentodoc ad essere riconoscibile grazie ad oltre duecento elementi presenti solo in questi spumanti, riconducibili al territorio», racconta Maurizio Dante Filippi, Miglior Sommelier d’Italia 2016 - Premio Trentodoc. Le montagne si sono formate sia attraverso la compressione della placca euroasiatica con quella africana, sia grazie a formazioni successive che hanno creato sottosuoli diversi. La formazione granitica ha origine da un'attività vulcanica intrusiva, con basalti, roccia metamorfica, calcare, componenti silicee e parti sedimentarie. «Le condizioni del Trentino sono pressoché uniche al mondo e contribuiscono alla perfetta maturazione delle uve, in presenza di importanti escursioni termiche», prosegue Maurizio Dante Filippi. E infine il vento, l'Ora del Garda che da sud puntualmente tutti i pomeriggi dell'anno si leva e va a rimuovere il potenziale ristagno di umidità: le correnti più miti che spirano dal Lago portano calore lungo le valli montane, consentendo il mantenimento di un adeguato equilibrio termico e ben si fondono nel Pelèr, il vento freddo che soffia invece da nord nelle prime ore del giorno. Le escursioni termiche arrivano fino a venti gradi tra il giorno e la notte. 

Il disciplinare del Trento Doc

«Forse uno dei più disattesi, in chiave positiva intendo: i 15 mesi del “senza annata” previsti sono veramente rarissimi, e sempre più di frequente ci troviamo con vini che fanno 40, 48, 60 mesi di sosta sui lieviti», prosegue sempre il sommelier novarese. Il periodo di rifermentazione in bottiglia previsto dal Disciplinare è di minimo 15 mesi, 24 per il millesimato, mentre per la riserva non può essere inferiore a 36. I vitigni impiegati sono lo chardonnay, protagonista della produzione Trentodoc, il pinot bianco, il pinot nero e il pinot meunier. 

Le masterclass

Sei masterclass, oltre ai banchi di degustazione con 51 cantine presenti e 143 etichette proposte in assaggio, condotte dai Migliori Sommelier d’Italia AIS Premio Trentodoc. L’apertura è di Sabrina Schench, Direttrice dell’Istituto del Trentodoc, che dà il benvenuto da parte di tutti i 67 produttori del Trentodoc. Un ventaglio di proposte e tanti momenti di approfondimento, dalla scoperta dei territori allo Zero Dosage, dal carattere dei Trentodoc Riserva al Millesimato. Abbiamo chiesto a Maurizio Dante Filippi che cosa renda vincente il Trentodoc: «credo che la cosa che piaccia è questa grande variabilità e la possibilità di interpretare in un calice di Trentodoc territorialità, forza e ricchezza. Senza dimenticare la spensieratezza di una bolla sempre freschissima, verticale e sapida». Sale a tratti quasi iodato, con una bellissima accelerazione data da un’acidità decisa che allunga e slancia il vino in una avvincente progressione. Sempre accattivante il perlage, seduttivo nella sua infinita persistenza. Sensazioni delicate di fiori d’arancia, suggestioni più calde da tramonto sul mare con il salmastro, cipria, lavanda, corteccia, erbe aromatiche: sono solo alcune delle note che i calici esprimono. Nel corso delle diverse degustazioni cambiano la componente olfattiva e visiva, lo spessore, la pulizia, la profondità e il volume: vini a capitoli, che non vogliono raccontare tutto nello stesso momento. L’attesa di un percorso vibrante e teso tra le curve della montagna, i terrazzamenti della Val di Cembra, il conoide di San Michele. La sensazione è di essere lì. Un vino da respirare che profuma di Trentino. «Il cambiamento climatico non allarma questi luoghi e la Vitis vinifera se la cava meglio di noi. Dal momento più conviviale e spensierato sono vini apprezzati da wine lover e da consumatori di grande pretesa: a tutti il Trentodoc dà sempre una risposta centrata», conclude Maurizio. 

Stefano BerziStefano Berzi, vincitore del titolo di Miglior Sommelier d’Italia nel 2021, commenta invece l'impronta della natura sul millesimato: «il millesimato è una tipologia che piace al consumatore perché trova tante identità sull'annata e trova un prodotto non omologabile. È il racconto di un andamento climatico che è un unicum e che si ritroverà solo quell'anno. Un fattore di unicità che oggi viene sempre più ricercato e anche collezionato. Acquistare bottiglie che non potranno più essere replicate ha il suo fascino: l’impronta climatica di quell’annata è l'istantanea del momento, di quello che è stato e che magari non sarà un domani. Il consumatore inoltre non è solo più esigente, ma è anche curioso di conoscere la vendemmia che il calice arriva ad esprimere». 

Cristian Maitan, vincitore del titolo di Miglior Sommelier d’Italia nel 2023 ci ha parlato invece del valore e dell’importanza delle riserve: «la Riserva racconta di come il vino affronta il tempo, di come evolve e di come si trasforma. Perché i vini che non temono il tempo si trasformano, non evolvono ma cambiano. Il tempo regala note che il consumatore apprezza ed è profondamente incuriosito da bouquet olfattivi importanti. La Riserva mantiene inoltre le caratteristiche di identità del territorio, e questa è un’assoluta peculiarità del Trentodoc. Quando i vini sostano per lungo tempo sui lieviti, il rischio è che tendano in linea di massima a stancarsi, presentandosi con una beva più arrendevole, più portata sull'estrema rotondità a scapito delle durezze. I Trentodoc Riserva mantengono invece una grande beva: un sorso pieno, appagante, lirico, ma di grande bevibilità e verticalità. La freschezza e la sapidità delle bollicine di montagna rendono possibile tutto questo. Sono una sorta Cristian Maitandi passaporto per l’eternità, per un vino che ha sempre tanto da dare». L’ultima battuta è ancora di Maurizio Dante Filippi sulla tipologia Pas Dosé: «quando degustiamo un pas dosé Trentodoc cogliamo il varietale senza alcuna influenza zuccherina. Sono le frequenze che vanno considerate, non tanto in funzione del trend che in questo momento è dominante, ma della possibilità di esprimere la grande ricchezza del territorio: la sapidità e l'acidità, le condizioni climatiche e la geomorfologia consentono di avere così tanta ricchezza all'interno dei vini base che forse, alla sboccatura, il vino è perfetto nelle sue verticalità. Non sono certo per la criminalizzazione del dosaggio, ma questa è una proposta senza filtri, un modo di mostrare al mondo come siamo».

A chiusura di questa giornata, ricordiamo l’intervento del professor Attilio Scienza durante lo scorso Trentodoc Festival, di cui riportiamo un breve passaggio: «lo spumante Trentodoc è un oggetto culturale complesso che viene trattato da una molteplicità di punti di vista. E contrariamente al giudizio reazionario che rimprovera allo spumante italiano prodotto con il metodo classico la mancata identificazione di una tradizione che appartiene ad altri, i produttori del Trentodoc testimoniano una testarda resistenza all’omologazione, alla tentazione dell’anything goes, per tentare di realizzare una identità trentina».

Intervista a Sabrina Schench, Direttrice dell’Istituto Trentodoc, dal 2012 Responsabile dell’Associazione fondata nel 1984 che tutela lo spumante Metodo Classico Trentino.

Quali sono le produzioni di punta e quelle che incontrano maggiormente il consumatore? 
In linea generale Trentodoc si assesta oggi su una produzione di circa 13 milioni di bottiglie vendute. Le tipologie più apprezzate rimangono millesimato e riserve, nelle versioni bianco e rosato, nei confronti delle quali il consumatore mostra oggi curiosità e interesse. 

L’Istituto Trento Doc si occupa della promozione del marchio collettivo territoriale: oggi avete un posizionamento importante a livello di mercato. Quali sono i punti di forza e le azioni che avete in atto per far evolvere ulteriormente il marchio? 
Centrale per noi è l'obiettivo è di far conoscere Trentodoc. L'idea è di continuare con perseveranza e consistenza a posizionare il marchio attraverso importanti azioni di comunicazione. Da una parte quindi la creazione di eventi e dall'altra una comunicazione che può essere sia social sia giornalistica: aspetti che devono dare il corretto rilievo e la visibilità alla qualità che gli associati sanno portare in ogni singolo calice. 

Cambiano i mercati, cambia il clima e cambiano anche i gusti dei consumatori. La reazione del Trentodoc? 
Sono due aspetti diversi ma anche simili: Trentodoc ha una straordinaria agilità al palato anche perché, da disciplinare, esistono molte tipologie che possono adeguarsi ai cambiamenti: si va dalle referenze più secche a quelle più dosate e al rosato, per accontentare una molteplicità di consumatori e di esigenze. In più vanta una adattabilità al cibo straordinaria. Inoltre esistono Trentodoc che rimangono 18 mesi sui lieviti, così come alcune riserve che stanno sui lieviti fino a dieci anni e più: tutti gli associati allungano di molto i tempi previsti dal disciplinare, a tutto vantaggio del prodotto finale. La nostra produzione, sotto un unico nome, si presenta quindi molto varia, adeguandosi anche ai cambiamenti di mercato.

Sabrina Schench

Con il Trentino il Trentodoc ha un rapporto speciale: quali sono i valori in cui esiste identità? 
Direi soprattutto nella tradizione e nel territorio. Tradizione perché noi siamo state una delle prime DOC per il metodo classico riconosciute al mondo dopo la Champagne, e poi perché comunque qui abbiamo avuto Giulio Ferrari che ha iniziato e dato il via alla produzione e ha permesso ad altri produttori di unirsi e di fare sistema. Dall'altra parte un territorio unico che ci rappresenta e dove ci identifichiamo, a cominciare dalle Dolomiti, Patrimonio Unesco. E infine la straordinaria capacità di adattamento delle nostre vigne al clima che cambia: condizione che non si traduce necessariamente nell’innalzamento delle quote altimetriche per la viticoltura ma anche nella scelta degli appezzamenti più adeguati. A tutto questo si aggiunge la volontà dei produttori e il loro impegno verso produzioni di alta qualità e di sostenibilità verso l’ambiente e la comunità. 

Horeca e Retail sono due canali diversi. Che tipo di riscontri e posizionamento avete su questi fronti? 
Non esistono dati puntuali, ma quello che posso dire è che per noi entrambi sono mondi molto importanti, proprio perché Trentodoc annovera produttori grandi, piccoli e medi, con una produzione disomogenea dal punto di vista del quantitativo di bottiglie. Piccoli e grandi produttori che, a seconda delle proprie scelte, affrontano uno o l’altro o entrambi i canali distributivi. Il canale Horeca è quello che è cresciuto moltissimo negli ultimi anni. 

Quali sono i mercati di riferimento del Trentodoc? 
Il principale mercato è domestico, che assorbe circa l’85% della produzione. Abbiamo in corso inoltre un progetto sia negli Stati Uniti sia in Svizzera, dove cerchiamo di realizzare quanto abbiamo costruito in Italia.