Mosnel: ciak, si gira

Mosnel: ciak, si gira

Attualità
di Sara Missaglia
10 giugno 2024

Il film dedicato alla cantina di Franciacorta è stato presentato al Cinema Anteo di Milano e presso la tenuta Mosnel a Camignone, in provincia di Brescia: presenti il regista Massimo Zanichelli e Lucia e Giulio Barzanò, la quinta generazione della casa franciacortina.

Un docufilm d’autore in due versioni, una di 28 minuti e l’altra di 22, realizzate in un anno di lavori: è talmente tanto il desiderio di raccontarsi che una non bastava. Protagonista Mosnel, non nella storia e nei fasti di presente e passato, ma nella quotidianità dei gesti e delle azioni. L’azienda, condotta dai fratelli Lucia e Giulio Barzanò, conta circa 40 ettari vitati a chardonnay, pinot nero e pinot bianco allevatati in biologico, e produce circa 250.000 bottiglie all’anno.  

Mosnel ha firmato un patto con la natura e, consapevole del patrimonio che custodisce, ne sottoscrive uno nuovo con lo spettatore: un’alleanza che è figlia dell’accoglienza, con il desiderio di raccontarsi con umiltà e rispetto. In cambio si chiede capacità di ascolto e di visione, perché nel film di Massimo Zanichelli tutti, che lo si voglia o no, siamo parte di un set che finisce per assomigliare alla vita, con i suoi rumori involontari, i tubi che si intrecciano, la pioggia che cade, e l’ape che ronza sul fiore. Ma il sole splende, e l’alba è, ancora una volta, pronta a sorgere. 

Il film ha in sé un profondo senso di restituzione, con l’obiettivo di raccontare l’ordinario, nelle piccole e grandi azioni che scandiscono il ritmo delle stagioni, del ciclo della vite, delle lavorazioni in cantina. Vigneti, botti, filari, mani, vendemmie, cassette, trattori, vasche e donne e uomini che lavorano. Bisogna essere normali per essere speciali: per questo non serve aggiungere, per non caricare inutilmente un racconto che Zanichelli ha voluto figlio di un’operazione radicale: ha puntato all’essenza, al nocciolo della questione, alla radice madre. Il regista ha, infatti, lavorato per sottrazione: poche parole e molti fatti, ma non si tratta di uno slogan.

La proiezione del docufilm presso la tenuta Mosnel 

Mosnel è un toponimo, una famiglia, un’idea di produzione, di agricoltura, di stile e di cultura: e questo suo essere multiforme le consente di prendere il meglio da tutto ciò che ha, adoperandosi costantemente per amplificarne il valore. È un film di movimento, con l’occhio testardo e indagatore di chi intende scrivere una partitura diversa, imprevedibile, dirompente: segmenta il paesaggio, lo ricompone, scende in profondità, si allontano sul drone. Una freccia tesa, libera di tendersi e di vibrare in infinite direzioni, senza confini: la luce dell’alba e del tramonto, il vento e la pioggia, perché per fare vino si passa inevitabilmente attraverso agenti atmosferici alleati o ostili, espressioni di quello che madre natura passa. 

Massimo Zanichelli aspetta, e non ha paura dell’attesa: prima o poi arriverà il sole, e nel mentre si scende in cantina, dove ci sono nuove azioni da compiere. Sopra le nuvole, che inseguono il film con le loro forme mutevoli: una nuova meridiana che segna il fluire del tempo. Natura e tecnologia, luce e ombra, sole e pioggia, interno ed esterno, micro e macro, dettaglio e visione, alto e basso. Il film è fatto di contrasti, metafore contemporanee dell’esistenza stessa, che hanno il vantaggio non di collidere, ma di convergere. Il film regala un senso di grande armonia, dove musica e suoni non sovrastano o edulcorano: i rumori sono del trattore che fa manovra, della pioggia che batte sulla terra, dell’ape sul fiore, dei calici che si sfiorano, delle mani che lavorano. Sono rumori veri, tangibili e riconoscibili: «dico sempre che non conosco bene la Franciacorta, conosco bene quello che è qua, conosco bene quello che è la nostra natura, il nostro clima, i nostri suoli», sottolinea Giulio Barzanò. Nelle immagini un lato profondamente poetico, suggestivo, universale, in un’eterna effervescenza. Sono le parole con cui si chiude la proiezione. Zanichelli sorride e nel sottolineare come il film non abbia né una fine, né un inizio, si sottrae al cliché preconfezionato del “si è sempre fatto così”; non cerca lieti inizi o migliori fini, ma traccia nuovi solchi, in una dimensione rigenerativa della terra, così come della mente. 
Il film finisce per assomigliare a chi, prima di realizzarlo, lo ha immaginato. Lucia Barzanò sa che Mosnel è casa e lavoro, che definisce amatissimo: nel superlativo il legame che è sublimazione, spiritualità, identità. 

La versione ufficiale del docufilm di 28 minuti sarà a breve disponibile sul canale YouTube di Mosnel, mentre da metà luglio verrà messa on line anche quella di 22 minuti: ve ne consigliamo la visione, perché le immagini di Mosnel non  hanno replicabilità e sanno raccontare un territorio e una famiglia con un profondo senso di accoglienza e di autenticità.