La Franciacorta come mosaico

La Franciacorta come mosaico

Degustando
di Monica Berno
26 luglio 2024

AIS compie 59 anni e Armando Castagno le fa un regalo, ormai una consuetudine attesa. Ma questa volta, forse, un po’ più prezioso del solito, perché anticipa il suo libro che uscirà in autunno. Si parte così alla ricerca del genius loci della Franciacorta, in un viaggio geografico, artistico, letterario, geologico, enoico ed eroico.

Prima di avviarsi alla scoperta di quello che è «un formidabile mosaico di culture, sensibilità diverse e soprattutto un mosaico di situazioni pedologiche, climatiche, geologiche e anche culturali molto differenti», Armando Castagno traccia la rotta in questo triangolo equilatero che va da Iseo a Ome, da Adro a Cellatica, da Rovato a Rodengo Saiano. Strade che si dipanano per 200 km, in 19 comuni bresciani che hanno un doppio filo conduttore comune: il vino e il paesaggio.

Quattro sono le anime della DOCG Franciacorta: chardonnay, pinot nero, pinot bianco ed erbamat che ci scortano in questo viaggio. Dove vengono coltivate e in che quantità sono informazioni che ci aiuteranno a capire meglio climatologia e geologia della Franciacorta.

Un’occhiata alla mappa: il terroir si intreccia con l’orografia

A guardarla dall’alto la mappa della Franciacorta attira l’attenzione su un doppio anfiteatro morenico, nato nelle ultime glaciazioni per opera di un’enorme lingua di ghiaccio che, discesa dalla Val Camonica, ha formato le torbiere del Sebino, scavato il bacino del lago d’Iseo, spinto le proprie morene a creare dei cordoni collinari, rocciosi e morenici.
L’enorme ghiacciaio, arrivato alla valle dell’Oglio, si divise in due lingue di fronte all’attuale Monte Isola e poi si ricongiunse e continuò fino ai monti di Provaglio d’Iseo per arrestarsi contro il Monte Alto (m 652) dove si frammentò nuovamente. Dopo un viaggio di chilometri e di migliaia di anni, arrestò la sua avanzata contro l’ostacolo del Monte Orfano, molto più antico. A più riprese quest’onda, che fece della Franciacorta la sua battigia, scendeva a valle trascinando detriti e sassi che con l’erosione diventarono limi e sabbie, soprattutto nelle zone dove il ghiacciaio si fermò più a lungo (2/300.000 anni). Ma, oltre alla morena, ci sono strati molto più antichi di origine calcarea (carbonato di calcio, fossili marini…) o di arenaria (sabbie). 

Uno studio molto importante ha identificato 6 tipi di terroir, conoscerli è indispensabile per riconoscere zone e vini:
Depositi fini: suoli profondi, scheletro scarso: le bollicine provenienti da qui hanno spiccati sentori floreali e persistenza olfattiva, ma poche note speziate-vegetali e di frutta secca.
Fluvio-glaciale: suoli abbastanza profondi o profondi, limitati da un substrato ghiaioso-sabbioso. I vini sono più floreali, ma di medio-bassa complessità.
Morenico profondo: suoli profondi o molto profondi; sabbia in superficie, argilla in profondità. Le bollicine sono più complesse e persistenti con sentori vegetali, speziati e fruttato-secco.
Morenico sottile: suoli da poco profondi a sottili, sabbia-limo con ghiaie e ciottoli. I vini sono più complessi, ma meno persistenti ed emergono sentori vegetali e speziati.
Colluvi distali: suoli profondi, franco-argillosi o franco-limosi-argillosi in profondità. I vini hanno un bel potenziale di acidità, mediamente complessi con sentori floreali.
Colluvi gradonati: suoli profondi e molto profondi franco-argillosi in superficie e profondità. I vini sono complessi, persistenti dai sentori soprattutto speziati e vegetali.

«Non per andare da qualche parte, ma per andare»

Con Robert Louis Stevenson…partiamo. Il percorso ha inizio a Paratico, località nascosta dietro al Monte Alto, all’estremità sud del lago di Iseo. Il fiume Oglio separa il paese, e quindi la Franciacorta, dalla provincia di Bergamo: sull’altra sponda c’è Sarnico. È il comune con la minore estensione di vigneto in assoluto, 18 ettari, e la più bassa percentuale di territorio vitato sul totale, soltanto il 3,5%. Pochi chilometri a sud si raggiunge Capriolo, dove comincia la nostra degustazione. Nell’azienda Ricci Curbastro si visita un museo, un archivio e una biblioteca che conserva una pregevole collezione di libri antichi sul Bresciano e la Franciacorta. 

Franciacorta Satèn Brut – 2019 – Ricci Curbastro
100% chardonnay. Vigneti nel comune di Capriolo e in piccola parte di Iseo. Terreni fluvio-glaciali (Capriolo), depositi fini (Iseo). Maturazione in piccoli carati; dosaggio 7g/l; sboccatura novembre 2023, 41 mesi sui lieviti.

«Non esito a definire l’espressione di questo vino schiettamente territoriale. Delicato, protetto com’è dal Monte Alto a est e dal fiume Oglio e il lago d’Iseo. Tutto congiura per avere un Franciacorta più delicato, un vino di partenza». Al naso è sottile, elegante con netta enfasi sulla florealità, ma emerge anche una mineralità accennata, piuttosto scura. La bocca ha un equilibrio gustativo tale che non fa percepire i 7 g/l di dosaggio, è al limite della nocciola, del biscotto e si chiude con una sottile eco agrumata; anche la struttura è aggraziata.
Delicatezza lirica.

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Si riparte e si cambia panorama, si lascia il Monte Alto, il paesaggio si spalanca e siamo ad Adro, nel ventre della Franciacorta morenica. Il comune solatio vanta la maggior percentuale di vigneto a pinot nero dell’intera Franciacorta, quasi il 24%. Lo chardonnay ha una luminosità abbagliante, la screziatura del pinot nero da’ tridimensionalità e quindi l’assemblaggio qui avrà un effetto chiaro scuro.
Aggirando il Monte Alto eccoci a Torbiato che accoglie i visitatori con le sue distese di vigne, da qui – cuore della morena – vengono vini importanti, ambiziosi «con una profondità, una grinta, una tempra diversa». 

Franciacorta Satèn Brut  2020 – Cavalleri
100% chardonnay. Vigneti nella frazione di Torbiato, comune di Adro. Terreni morenico-profondi. Non dosato; sboccatura ottobre 2023, 28 mesi sui lieviti.

L’azienda Cavalleri di Erbusco sta attraversando un momento di «ripensamento stilistico verso una maggiore naturalità e libertà produttiva», precisa Armando. Assaggiando il vino con attenzione emergono una profondità, una lunghezza e una finezza unica, accompagnate da un’acidità molto incisiva, piccante, pungente. Luminoso e brillante, al naso è chardonnay al 100%, iodato e resinoso. In bocca il frutto spazia dal sodio all’agrume (arancia, mandarino). Grande finezza espressiva.

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Tappa successiva: Erbusco, “capitale” e comune chiave della Franciacorta e del vino italiano. Vi si trova la sede del Consorzio per la tutela del Franciacorta e molti protagonisti del settore. La percentuale di territorio vitato è il 30,8%, un terzo della denominazione, con 500 ettari di vigneti. Qui la vigna è di pianura, «vocata per fare del buon vino, non capolavori». Quasi tutte le aziende hanno vigneti anche fuori dal territorio di Erbusco, tranne un paio e per privilegiare proprio la provenienza delle uve, Armando ha scelto il vino di Enrico Gatti.

Franciacorta Brut Nature “La Casella” Riserva 2015 – Enrico Gatti 
100% chardonnay. Vigneti nel comune di Erbusco. Terreni morenico-profondi. Maturazione in barrique per il 10%, il resto in acciaio; non dosato; sboccatura gennaio 2022, 67 mesi sui lieviti.

Questo chardonnay viene da un singolo vigneto di 35 anni, la Casella, che ben rappresenta il terroir di cui fa parte; 67 mesi sui lieviti senza che il vino ne esca appesantito. Al naso si apre regalando frutta fresca (pera, susina, prugna e ananas, litchis), in bocca è avvolgente e l’agrume dolce emerge prepotente. Con questo vino si entra nel mondo della cucina autunnale: «dalle rane, al risotto coi funghi, ai tagliolini al tartufo». Un capolavoro.

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Lasciato Erbusco ci si avvicina a un altro rilievo, il Monte Orfano, «il convitato di pietra, colui che non c’entra nulla e parla un’altra lingua geologica, perché presente molto prima che si formasse la morena». Conglomerati di calcare, cementi argillosi, terre rosse sbarrano il passo alla pianura in cui si trovano tre comuni che si spartiscono, sui versanti a sud, la poca superficie utile del monte: Cologne (121 ettari di superficie vitata totale, il 19% di territorio vitato), Coccaglio  e, per piccola parte, Rovato, la porta d’ingresso della Franciacorta. 

Franciacorta Satèn Brut - Riserva 2016 – Corte Fusia
90% chardonnay, 10% pinot bianco. Vigneti nel comune di Coccaglio. Terreni: colluvi distali e gradonati, argille rosse. Dosaggio: 0 g/l (rabbocco con lo stesso vino); sboccatura aprile 2022, 61 mesi sui lieviti.

Splendido vino che nasce dai suoli antichi dalla Franciacorta, quelli dove non è mai arrivata la morena e quindi è diverso da quelli assaggiati finora: un classico vino da terreno calcareo. Naso timido, finezza minerale, espressione aromatica mai troppo esotica, in bocca esplode la salinità, l’estratto di forza, di mineralità. Bella la descrizione che fa Armando: «Un naso sussurrato cui fa eco una bocca quasi ruggente». Ibrido nell’abbinamento, può salvare da situazioni di incertezza. Spiazzante.

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Una manciata di chilometri per dirigersi di nuovo al centro della Franciacorta e fermarsi a Cazzago San Martino, un insieme di frazioni tra cui spiccano Calino e Bornato per la loro vocazione vitivinicola.

Franciacorta Satèn Brut – n.m. – Ronco Calino
100% chardonnay. Vigneti nella frazione di Calino, comune di Cazzago San Martino. Terreni: morenico profondo. Maturazione in legno per il 20%; dosaggio 3,5 g/l; sboccatura maggio 2022 (millesimato 2019 non riserva), 38 mesi sui lieviti.

Prodotto di un’unica annata non rivendicata per ragioni commerciali, è in realtà un 2019. «Per me è stato un colpo di fulmine» attacca Armando, «andrebbe valutato dopo aver sentito la qualità della sua persistenza e dei suoi toni amari, tracce dell’intensa mineralità». I terreni sono del morenico profondo e nonostante il 20% della massa faccia barrique, il legno non ha condizionato il vino, forse l’unico contributo lo ha dato alla fragranza, alla struttura generale. Un vino adamantino, con una luce tutta particolare che caratterizza i vini di Calino: quasi schermata, lattiginosa. Al naso, tra i delicati fiori bianchi e frutta matura (pesca e pera), emerge una leggera nota di panificazione e un’idea di fungo secco. In bocca è classe pura, con una traccia di albedo, avvolgente e sapido. Un laser. 

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Risalendo a nord, torniamo verso il lago e giungiamo a Corte Franca, il comune con la massima estensione di vigneto coltivato a erbamat della Franciacorta (3,28 ettari). Siamo sul versante orientale del Monte Alto, immersi in un mare di vigneti in piena zona morenica. Proprio da qui, dalla frazione Timoline, arriva il prossimo calice.

Franciacorta Brut Nature 2020 - Bosio
70% chardonnay, 30% pinot nero. Vigneti nella frazione di Timoline, comune di Corte Franca. Terreni: morenico sottile. Non dosato; sboccatura gennaio 2024, 34 mesi sui lieviti.

È un vino che ha una sua soavità di partenza, che non ha bisogno di zuccheri e la dolcezza proviene dai suoli di Timoline. Qui le acidità sono naturalmente contenute e ne risente un po’ la persistenza. L’utilizzo del pinot nero da’ struttura ed espressione al suolo morenico sottile, dai depositi fini. È uno dei vini più giovani della batteria e ha bisogno ancora di tempo, «ma ha una gran classe». Al naso emergono sentori dolci, quasi esotici, un frutto che però al tempo stesso è dolce e acidulo, una parte balsamica, quasi di resina di pino che si accompagna all’agrume. In bocca si sente il mandarino e l’avvolgenza della bolla vellutata, finissima, magnifica. Preziosissimo.

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E ora finalmente al lago! Siamo nell’estremo nord della Franciacorta e le vigne di Clusane, frazione di Iseo che si specchia in acqua, sono addossate al Monte Alto. Si vira di nuovo a sud e si oltrepassa la Riserva Naturale Torbiere del Sebino per approdare a Provaglio d’Iseo protetto, dalle correnti umide che arrivano dal lago, dal Monte Cognolo. Una punta di circa 700 metri tutta calcarea, percorribile fino in cima passando dal Pian delle viti – un nome, una garanzia – da dove la vista spazia sulla torbiera, il basso Bresciano e il monastero di Lamosa. 

Franciacorta Dosaggio Zero Bagnadore Riserva 2015 – Barone Pizzini
60% chardonnay, 40% pinot nero (Spätburgunder). Vigneti nella frazione di Fantecolo, comune di Provaglio d’Iseo. Uve provenienti da un’unica vigna di oltre vent’anni. Terreni: morenico profondo. Maturazione in barrique per 8 mesi; non dosato; sboccatura marzo 2022, 69 mesi sui lieviti, 1450 bottiglie prodotte.

Questo vino di Barone Pizzini, la prima azienda bio della Franciacorta, potrebbe – a parere di Armando – «essere ammesso al tavolo, al gotha, di quei 4-5 grandi metodi classico italiani che possono confrontarsi con qualsiasi cosa». Al naso colpisce con note di lievito, sfumature di agrumi e di erbe officinali. Al palato è profondo, elegante, dinamico. Straordinario.

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Da Provaglio si prosegue alla volta di Passirano: il suolo è morenico profondo e dal lago soffia sempre una brezza fredda, anche nei mesi estivi, che ne fa il luogo perfetto per ottenere vini morbidi. Da Camignone di Passirano, in contrada Barboglio (dal nome della famiglia che ne ereditò la proprietà nel 1836) arriva l’ottavo Franciacorta della serata, scelto da Armando perché è «una nuova ipotesi di satèn, un vino energico, profondo che non si accontenta più di quell’idea stilistica iniziale che gli diede il nome “satèn”».

Franciacorta Satèn Brut 2019 - Mosnel
100% chardonnay. Vigneti nella frazione di Camignone, comune di Passirano. Terreni: morenico profondo, fluvio-glaciale. Maturazione in barrique per il 40%; dosaggio 3,5 g/l; sboccatura settembre 2023, 39 mesi sui lieviti.

Tutto chardonnay, ma con due anime diverse, due luoghi differenti: quello sul suolo fluvio-glaciale è pronto e immediato, quello sul terreno morenico profondo è più materico, da «sbozzare». I profumi ricordano il mandarino, lo zenzero candito, il caramello e il burro, in bocca è persistente e si fonde in fresche speziature. Bellissimo.

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Scendendo a Paderno Franciacorta, il comune con la minore percentuale di vigneto (3,7%), si entra nella parte orientale della Franciacorta, per poi risalire a Monticelli Brusati, la prima località che guarda le Prealpi bresciane e che, grazie alle importanti escursioni termiche, mette le basi per un vino diverso da tutti quelli degustati. 

Franciacorta Brut Millesimato 2016 - Castelveder
80% chardonnay, 20% pinot nero. Vigneti a Monticelli Brusati. Terreni: colluvi gradonati e depositi fini. Dosaggio 2,5 g/l; sboccatura agosto 2023, 62 mesi sui lieviti.

L’azienda è una piccola realtà familiare che fa un vino «inestimabile per la Franciacorta». I vigneti utilizzati sono due: quello più grande è a 340 metri sui colluvi gradonati e il vino che ne deriva è potente, profondo; l’altro sta sui depositi fini nel fondovalle di Monticelli e contribuisce a dare finezza ed eleganza. Al naso colpiscono i profumi di panetteria, frutta gialla matura, vaniglia; in bocca è fresco, avvolgente, elegante. Espressivo.

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La parte più “montana” della Franciacorta ci aspetta per raggiungere località climaticamente più fredde: Ome è adagiata in una duplice vallata dove il pinot nero non trova sufficiente solarità, e non a caso è il comune con la minore percentuale di vigneto a pinot nero in Franciacorta.  Mentre, al contrario, il comune con la maggiore percentuale di chardonnay, pochi chilometri più a sud è Rodengo Saiano, località è nota anche per l’Abbazia Olivetana Benedettina, uno dei complessi religiosi più famosi della Franciacorta, che si trova sulla via per Gussago. Nel comune, che vanta la maggiore estensione di territorio entro la DOCG Franciacorta (2419 ettari), l’escursione termica è davvero importante e, accoppiata al suolo di colluvi gradonati, dà vini di una certa potenza.

Franciacorta Dosaggio Zero ‘Nero’ 2019 – Andrea Arici
100% pinot nero. Vigneti terrazzati nel comune di Gussago. Terreni: colluvi gradonati (350 metri) e colluvi distali (150 metri). Non dosato; sboccatura luglio 2023, 37 mesi sui lieviti.

«100% pinot nero» chiosa Armando. «Un vino fondamentale nell’intento didattico della serata perché questa è l’impronta, il contributo che da’ il pinot nero: il piano scuro. Un classico blanc de noirs, fatto di ombre più che di luci, ma di grande fascino». Il naso ha carattere e gioca con le spezie tostate scure, il cumino, la frutta nera come la polpa della prugna, il lampone. In bocca è lungo, espressivo, un vino che affonda in gola. Di vibrante freschezza. Intenso.

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Il viaggio termina a Cellatica, compresa nella DOCG Franciacorta e madre dell’omonima DOC di vino rosso, la località è anche «incubatrice di una serie di produttori che hanno cercato di ripensare il metodo classico senza aderire al disciplinare del Franciacorta». Guardando a nord i vigneti si alternano ai boschi, mentre a sud c’è subito la città di Brescia. 
Ma non ci salutiamo qui: sulla collina di Sant’Anna, che separa l’urbe dalla Franciacorta, Armando ci ricorda che «ciò che conta del viaggio è il viaggio stesso, che non è mai punto di approdo» e omaggia la Franciacorta leggendo “Olinda” da “Le città invisibili” di Italo Calvino. E perciò anche noi dobbiamo andare in Franciacorta (Olinda) con una lente d’ingrandimento, per poter percepire la città nascosta, usare l’attenzione che serve a cogliere anche i dettagli minimi, saper intuire il progetto visionario che ha preso forma e cresce con tempo e pazienza in un continuo generarsi. Perché così è la Franciacorta: «un territorio da tenere stretto… un messaggio di virtuosa vocazione e grande coraggio».

Grazie Armando!
Buon compleanno AIS!