La vinificazione tradizionale georgiana
Degustando
di Paolo Valente
08 settembre 2016
Tra i monti del Caucaso e il mar Nero si trova la culla della viticoltura mondiale: la Georgia. Un mondo affascinante, ricco di profumi e storia, nel quale recitano un ruolo di primo piano i qvevri, tradizionali otri di argilla cotta che custodiscono i vini, prodotti con metodi di vinificazione differenti.
La Georgia, tra i monti del Caucaso e il mar Nero, è probabilmente il primo territorio al mondo in cui la vite si è sviluppata e addomesticata dando vita così agli albori della vinificazione. Come testimoniano anche recenti scoperte, in questi luoghi si produce vino da circa 5000 anni.
Gli archeologi dell'Università Ca' Foscari di Venezia hanno ritrovato tracce di vino all'interno di un vaso a forma di animale datato intorno al 3000 a.C. evidenziando così come il vino fosse anche parte di rituali religiosi. Nel vaso sono stati inoltre rinvenuti grani di polline di vitis vinifera. È una scoperta di enorme importanza che conferma come la Georgia fosse un territorio di coltivazione della vite fin dal periodo neolitico e ben prima dell'epoca romana.
Nel 2013 il metodo tradizionale di vinificazione in qvevri è stato iscritto nella lista Unesco del Patrimonio Immateriale dell'Umanità proprio per la sua tipicità e per il suo strettissimo legame con la cultura rurale georgiana tanto che si conta che circa un milione di famiglie abbia un qvevri e circa centomila di queste continuino ad utilizzarlo per produrre vino per uso personale.
I Qvevri
La viticultura georgiana è imprescindibilmente legata ai qvevri, i tradizionali otri di forma ovoidale prodotti in argilla cotta. La capacità, che varia tra i 100 e i 4.000 litri, si attesta mediamente intorno ai 1.000 litri anche se sono stati rinvenuti alcuni antichi qvevri con capacità intorno ai 10.000 litri.
Il qvevri è fatto per durare: non è raro trovare esemplari di oltre due secoli ancora in uso. I primi qvevri risalgono a circa 8000 anni fa, in epoca pre-romana e differiscono dalle anfore (utilizzate per il trasporto) per non essere dotati di manici e per essere destinati all'interramento.
Costruiti in terracotta, non sono smaltati ma vengono ricoperti all'interno da un sottile strato di cera d'api al fine di limitare l'evaporazione e lo scambio con l'ambiente esterno.
Dopo essere stati avvolti esternamente con uno strato di calce, sono interrati in ambienti coperti anche se non è escluso il posizionamento all'aperto. Questa pratica garantisce il mantenimento della temperatura sia in fase di fermentazione che in fase di maturazione e affinamento.
I metodi di vinificazione
Esistono differenti metodi di vinificazione utilizzati a seconda delle zone di produzione, tutti molto simili tra loro se non nella diversa quantità di vinacce utilizzate.
Il metodo "kakheto", utilizzato nella Georgia orientale, prevede l'utilizzo nel mosto delle vinacce (chacha in georgiano) complete di bucce, vinaccioli e raspi. Al contrario, il metodo "imereti", della zona occidentale, prevede l'utilizzo solo di una piccola parte (circa il 10%) di bucce e di vinaccioli senza i raspi. Un altro metodo, il "Kartli", utilizzato nell'omonima zona, prevede l'impiego di bucce, vinaccioli e raspi per circa il 30%.
Il processo di vinificazione, identico per tutti i metodi, prevede che, dopo una soffice pigiatura, il mosto sia messo nei qvevri. La fermentazione alcolica inizia spontaneamente con l'azione dei lieviti indigeni; durante questa fase, di una decina di giorni circa, il qvevri rimane aperto per consentire all'anidride carbonica di uscire dal recipiente e permettere di spingere sul fondo il cappello di vinacce a favore dell'estrazione dei polifenoli e delle altre componenti presenti nelle vinacce.
La temperatura di fermentazione viene controllata naturalmente; è il fresco della terra nella quale le anfore sono interrate che la mantiene relativamente bassa.
A fermentazione conclusa, le vinacce si depositano sul fondo restando, solo in piccola parte grazie alla particolare forma del qvevri, a contatto con il vino. I qvevri sono riempiti fino all'orlo con altro vino della medesima tipologia; un semplice coperchio viene appoggiato sopra l'apertura fino al completamente della successiva fermentazione malolattica.
Completato il processo fermentativo, il qvevri viene chiuso ermeticamente sigillando il coperchio con argilla o cera e coprendolo con uno strato di sabbia.
La maturazione prosegue a temperatura stabile (intorno ai 13°C) per altri 3 o 4 mesi. Verso marzo o aprile, il vino viene prelevato lasciando sul fondo le fecce e messo in un altro qvevri pulito a decantare per un paio di mesi, passati i quali si procede a un nuovo ultimo travaso in un'altra anfora nella quale la maturazione prosegue ancora per 2 o 3 anni, anche se ci sono casi in cui si protrae fino a 20 anni.
Le pareti del qvevri, nonostante la chiusura ermetica, permettono una lenta ossidazione del vino a fronte di una limitata evaporazione che comunque costringe al controllo quindicinale del livello e all'eventuale rabbocco.
Le caratteristiche dei vini
Il patrimonio ampelografico georgiano può contare su oltre 500 vitigni autoctoni che sono utilizzati quasi sempre in purezza. I vitigni internazionali sono praticamente assenti.
I vini georgiani sono completamente diversi da tutti gli altri vini prodotti nel mondo; in prevalenza bianchi, hanno caratteristiche che variano, anche significativamente, a seconda del metodo di produzione.
Se il metodo di vinificazione è il kakheto, i colori sono decisamente carichi con toni che vanno dall'oro antico all'aranciato fino all'ambrato con sfumature che arrivano al rosa. Al naso molteplici sono le note che possono essere percepite e che spaziano tra quelle evolute di miele, cacao, cioccolato e incensi a quelle floreali di lavanda, anice, camomilla, di erbe fini e di tisana fino al balsamico, a volte accompagnate da sentori fruttati di pesca e albicocca, anche disidratate, o agrumati.
In bocca la presenza dei tannini normalmente si accompagna a buona mineralità, sapidità e a una piacevole acidità, sentori che donano slancio e ben compensano la carica glicerica sostenendo la beva.
La grande presenza di polifenoli, in particolare di flavonoidi, derivati per la maggior parte dai vinaccioli e dai raspi, garantisce una buona resistenza all'ossidazione e supplisce alla necessità di dosi massicce di solforosa.
In caso di produzione con metodo imereti si ottengono vini molto più simili a quelli che siamo abituati a degustare. Il colore piacevolmente dorato arriva in molti casi all'aranciato tipico degli orange wine. I profumi si esprimono in fresche note di agrumi di tutte le tipologie, in un ventaglio di note evolute che possono arrivare a lievi sentori di ossidazione. In bocca una minore presenza di tannini non penalizza la buona persistenza e il tocco vibrante della sapidità e della freschezza.
Credit foto: Unesco.org | Nicola Finotto
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