Vini Camuni alla ricerca di un'identità territoriale

Vini Camuni alla ricerca di un'identità territoriale

News dai Consorzi lombardi
di Sara Missaglia
11 giugno 2024

I produttori del Consorzio Vini IGT Valle Camonica hanno incontrato la stampa specializzata per raccogliere suggestioni, indicazioni e tendenze, animati dalla necessità di definire una precisa identità territoriale e di rendere sempre più contemporanei i loro vini.

Un territorio di racconti e di segni, che gli uomini hanno lasciato sulla roccia. Una terra di vigneti scolpiti nel sasso vivo, una presenza antica che oggi sente l’esigenza di rileggere questo lungo percorso attraverso il raggiungimento di un equilibrio tra tradizione e visione prospettica. Questo il filo conduttore di due giorni che i produttori della Valle Camonica con il loro presidente Tino Tedeschi e con la regia di Nicola Fanti, animatore e regista dell’associazione Amici Vino Camuno, hanno dedicato ad un confronto con la stampa di settore.

Il terroir 

Siamo in provincia di Brescia: la Valle Camonica è attraversata in lunghezza dal fiume Oglio e si estende per circa 100 chilometri, dal lago d’Iseo sino al Passo del Tonale. Una valle circondata da montagne da entrambi i lati, su cui svettano il Pizzo Badile e la Concarena, che vantano una storia geologica di quasi 230 milioni di anni. Da un lato l’influenza del Lago d’Iseo, che origina una ventilazione costante contribuendo al mantenimento dell’equilibrio termico in una zona di montagna, e dall’altro il posizionamento dei vigneti, che beneficiano di un buon irraggiamento solare sin dalle prime ore del mattino. Come sempre nella viticoltura di montagna importanti sono le escursioni termiche, che nelle differenze di temperatura tra giorno e notte, preservano gli aromi varietali amplificando il corredo dei profumi e valorizzando l’acidità. Il sottosuolo è prevalentemente calcareo-scheletrico: a questo fattore è imputabile l’allungo sapido di questi vini, in presenza di eleganza e struttura. 

La viticoltura

La produzione vitivinicola si concentra prevalentemente in tre aree: da Sellero a Breno, la zona della Val Grigna, i terrazzamenti di Piancogno, di Darfo Boario Terme, i comuni di Angolo Terme, Gianico e Artogne. Superfici contenute, ma ricche di storia: i produttori hanno sottoscritto il Manifesto della Viticoltura di Montagna, attraverso il quale promuovono il riconoscimento del valore morale, simbolico ed economico di queste produzioni e la tutela dei vigneti. Il loro lavoro si realizza spesso in condizioni estreme di forte pendenza e a costi molto elevati, in ambienti ancora incontaminati, dove gli standard di qualità e genuinità sono molto elevati. 

La storia

Ai primi del Novecento l’avvocato Maffeo Ghezzi fu a Piamborno il primo a imbottigliare il vino: si trattava del Lanzato. La versione moderna di questo vino è nata nel 1998, dopo circa vent’anni dalla prima bottiglia di vino camuno, voluto da I Cultivar delle Volte, che firma i vini della cantina Bignotti. La visita a questa azienda non solo rievoca un passaggio storico importante, fatto di recupero territoriale e di ripristino di vigne su terrazzamenti impervi, con pendenze che vanno dal 30% al 70%, ma di valorizzazione di veri e propri vigneti di cui si erano perse le tracce, presenti in epoca medievale ma abbandonati con l’avvento delle industrie.

La visita alle cantine Togni Rebaioli e alla Cooperativa Rocche dei Vignali

Enrico Togni è il motore della cantina Togni Rebaioli: nel 2003 recupera i vigneti che ha ereditato dal nonno, con impianti degli anni ’60 e decide di avviare una produzione sicuramente eversiva per l’epoca, con la testarda ostinazione di chi crede nelle potenzialità di questo territorio. Cinque ettari vitati in totale, di cui 1,5 dedicati all’erbanno, biotipo locale del lambrusco maestri che ha salvato dall’estinzione. Interpreta in chiave strettamente personale nebbiolo, merlot, marzemino e barbera e realizza una produzione di vini con la schiena dritta, verrebbe da dire, un po’ come il suo carattere. Rocche dei Vignali è invece una cooperativa che oggi conta 18 soci: si trova a Losine, nel cuore della Valle Camonica, ed è nata alla fine degli anni ‘80 grazie all’iniziativa di un gruppo di imprenditori che ha riconosciuto l’importanza di valorizzare e sviluppare in chiave moderna la viticoltura camuna. Con Gianluigi Bontempi abbiamo degustato, tra le diverse referenze, il vino iconico della cooperativa, il Camunnorum, Valcamonica IGT Rosso, il vino dei Camuni, che vede merlot, marzemino e cabernet in uvaggio, affinati in tonneaux per 18 mesi. L’annata 2003, proposta in formato magnum, non mostrava cedimenti nel colore, sprigionando sensazioni avvolgenti legate alla ciliegia e ai frutti di bosco sotto spirito, su uno sfondo di spezie di cannella e vaniglia e sbuffi mentolati e tostati, con ricordi di tabacco, caffè e cioccolato. 

La zonazione del comprensorio vitivinicolo camuno e il progetto Vitaval

A cura di Lucio Brancadoro e di Davide Modina dell’Università degli Studi di Milano - Dipartimento di Scienze Agrarie ed Ambientali - e con il supporto della Direzione Agricoltura di Regione Lombardia è stato realizzato lo studio di zonazione Val.So.Vi.Ca del comprensorio vitivinicolo camuno (vedi qui la presentazione a Milano nel 2022), che si è concluso nel maggio 2024. Obiettivo del lavoro di zonazione è stato quello di ricercare all’interno del territorio i vitigni tradizionali che meglio esprimono la tipicità dell’areale, individuando le zone e le sottozone più caratteristiche, i vitigni, i cloni e le forme di allevamento che più si prestano a esprimere il miglior connubio tra vite, terra e clima. Il Consorzio Vini IGT Valcamonica è inoltre capofila del progetto Vitaval, iniziato nel 2023 con durata biennale, dedicato ai vitigni tolleranti le crittogame, con uno studio sull’adattamento e la valorizzazione in Lombardia della viticoltura resistente. Partner del progetto sono l’Università degli Studi di Milano, la Comunità Montana di Valle Camonica, l’Ente Gestore del Parco Adamello, la Fondazione Fojanini di Studi Superiori di Sondrio, e dieci cantine in Valtellina, Val Camonica e Oltrepò. 

La naturale biodiversità e la ricerca dell’identità territoriale

Una straordinaria ricchezza varietale: in primo luogo merlot e marzemino, ma anche cabernet sauvignon, petit verdot, nebbiolo, erbanno, pinot nero, barbera, syrah, ciliegiolo, schiava e rebo. Tra i bianchi riesling, incrocio manzoni, solaris, sauvignier gries, johanniter, kerner, trebbiano, chardonnay, pinot bianco e traminer. Una ricchezza amplificata anche da modalità di allevamento e di vinificazione tra loro molto diverse, che vanno ad incrementare l’offerta. Alla tradizione e al recupero di vitigni che più volte hanno rischiato l’estinzione, si affiancano le sperimentazioni legate alla viticoltura resistente. Ma quando l’offerta è così ampia e le forze e le dinamiche in gioco sono tante, il rischio è rappresentato dalla difficoltà di identificare con precisione le caratteristiche del territorio. Il concetto di tipicità è esposto ad una moltitudine di variabili, e la dispersione anche sotto l’aspetto comunicazione è un vero e proprio rischio operativo, soprattutto in chiave prospettica. Occorrono chiavi di lettura chiare e comprensibili, che possano aiutare il consumatore a decifrare il territorio, a ricordarlo e apprezzarlo. Alla tradizione, che ha sempre visto la valle orientata alla produzione di vini rossi, si affianca una new wave rappresentata dalla vinificazione di vitigni a bacca bianca che, anche in degustazione (il gruppo ha degustato numerose batterie alla cieca nel tentativo di individuare i vini/vitigni con l’indice più alto di gradimento), hanno sorpreso per freschezza, eleganza, sapidità e piacevolezza di beva. I produttori hanno voluto incontrare gli esponenti della stampa specializzata in una interessante tavola rotonda per avere da loro la restituzione di impressioni, suggestioni e valutazioni sulla qualità dei prodotti presentati e indicazioni strategiche anche sul loro futuro. La restituzione ha sottolineato la bellezza dei bianchi degustati, incluse le versioni spumantizzate, dotate di luminosità e versatilità. Da qui la necessità e, nel contempo, la difficoltà, nel trovare, all’interno di una grande variabilità e di una elevatissima ricchezza, un’identità precisa, che possa portare il territorio ad una modifica del Disciplinare e al riconoscimento di una DOC Camuna.

«Da soli si fa più in fretta, ma insieme si va più lontano»: con queste parole il Presidente del Consorzio Tino Tedeschi, unendosi alle parole di Massimo Maugeri, Assessore della Comunità Montana di Valle Camonica, sottolinea quanto in questo momento la Valle Camonica stia vivendo un momento felice. La svolta sostanziale potrebbe arrivare dall’individuazione di una bottiglia che possa personificare e comunicare l’identità del territorio.