Quando Birra fa rima con Belgio - Seconda parte

Quando Birra fa rima con Belgio - Seconda parte

Non solo vino
di Paola Lapertosa
30 aprile 2024

Quali solo gli stili delle birre belghe? Conosciamoli meglio grazie all'incontro organizzato da AIS Como con gli esperti Giancarlo Aletto e Federico Alessandro Borra.

Se nella prima parte del nostro resoconto della serata organizzata da AIS Como dedicata alle birre belghe ci siamo concentrati sulla storia e i temi generali di questo affasciante universo, passiamo ora in rassegna tutti gli stili, scendendo nel dettaglio delle birre degustate durante il nostro incontro.

La Blanche

La Blanche, conosciuta anche come Witbier, è un'icona della tradizione birraria belga. Caratterizzata dall'uso di frumento non maltato insieme al malto base, questo stile offre nel calice una birra dal colore chiaro e dalla schiuma ricca, quasi pannosa. Il gusto dolciastro e acidulo è bilanciato da una varietà di spezie, tra cui buccia d'arancia, cardamomo, pepe e coriandolo, a discrezione del birraio. Sebbene il luppolo sia presente, gioca un ruolo di semplice supporto, lasciando spazio alle spezie e agli aromi del frumento.
Nonostante la sua antica origine, la Blanche ha rischiato l'estinzione nel XX secolo, con la chiusura dell'ultimo birrificio che la produceva nel 1950. Nel 1966, Pierre Celis ha avuto l'intuizione di riportarla in vita aprendo un microbirrificio che grazie al successo commerciale e alla diffusione internazionale, ha attirato l'attenzione dell'industria birraria, che ha iniziato a riprenderla e a produrla su larga scala. 

In degustazione, durante la serata, la Blanche Corsendonk di Brasserie Du Bocq, realizzata in onore del priorato omonimo fondato nel 1398. Si tratta di una birra di grande bevuta e non di grande impatto con un colore chiaro e torbido, profumi delicati di agrumi, miele, panificazione e scorza arancia e un gusto dolciastro bilanciato dalla bella gasatura.

Saison

Le Saison rappresentano un vero e proprio simbolo della tradizione brassicola del Belgio: non sono accomunate da una ricetta o ingredienti specifici, ma da uno scopo, ossia quello di rinfrescare i lavoratori agricoli (i saisonniers) durante l’estate. Queste birre erano originariamente prodotte nelle fattorie della Vallonia durante l’inverno con un tenore alcolico superiore al normale o un luppolo di provenienza inglese o tedesca in modo da maturare durante i mesi successivi ed essere disponibile nel periodo estivo. Una saison di solito è torbida, con un colore giallo tendente al dorato grazie alla lunga bollitura, arricchita con spezie per garantire la conservazione e caratterizzata da un ben presente aroma di luppolo.

In degustazione la Saison di Dupont, la cui notorietà ha reso questa birra l’esempio di riferimento per tutte le Saison. Brassata dal 1844, ha un colore giallo tendente all’arancione dato dalla lunga bollitura, una schiuma bianca abbondante e molto persistente e profumi che spaziano da quelli tipici di lievito ai fruttati di pesca e banana, dagli agrumati di limone a sentori speziati fino alle note di caramello. In bocca ha un bel corpo in cui l’amaro finale del luppolo è ben percettibile ma ben bilanciato dalla secchezza e dalla freschezza che invogliano a un nuovo sorso.

Belgian Ale

Le Belgian Ale sono rinomate in tutto il Paese per la loro complessità aromatica e il loro carattere distintivo, che offrono un'esperienza sensoriale unica grazie alla combinazione di malti selezionati, lieviti speciali e una vasta gamma di ingredienti aggiunti come spezie, frutta o zucchero.

La Duvel Tripel è un'icona delle Belgian Ale, rinomata per la sua leggendaria complessità e robustezza: caratterizzata da un colore dorato brillante e una schiuma abbondante, offre un profilo aromatico complesso che spazia da note fruttate e floreali a sentori speziati e leggermente erbacei. La sua alta gradazione alcolica, il corpo medio e l'elevata carbonatazione la rendono una birra sorprendentemente equilibrata, perfetta da gustare sia da sola che in abbinamento a piatti saporiti.

La XX Bitter è una Belgian Pale Ale in perfetto stile De Ranke. L’azienda, il cui nome in fiammingo significa “stralcio di luppolo”, nasce come brewfirm e solo nel 2005 avvia l’impianto. La sua XX Bitter, come il nome sottolinea, è una bitter extra, in cui la componente luppolata è decisamente orientata verso l’amaro, tanto da essere talvolta considerata una belgian IPA e da essere battezzata dall’azienda stessa come la più amara dell’intera produzione (effettivamente è anche una delle birre più luppolate del Belgio). Nel calice ha un bel colore dorato carico e una generosa schiuma bianca e persistente, sprigiona sentori luppolati ed erbacei e note speziate e agrumate, note di miele e terra tipiche delle IPA, e in bocca è amara, secca e persistente con un finale incredibilmente avvolgente.

Le birre trappiste

Le istituzioni religiose hanno una lunga storia di produzione della birra in Belgio, anche se spesso interrotta da conflitti e occupazioni come durante le guerre napoleoniche e la prima guerra mondiale. Nel Medioevo, in Belgio, i monaci erano soliti produrre birra, formaggi e pane all’interno delle abbazie per contribuire al sostentamento della comunità e del monastero stesso. I religiosi erano considerati veri e propri maestri birrai per la loro abilità e per la lunga tradizione brassicola. Successivamente i birrifici monastici caddero in disuso e pochissime istituzioni hanno mantenuto questa tradizione fino ai giorni nostri. 

Questa famiglia di birre è molto ampia e non ben strutturata, anche se è possibile individuare una classificazione che risale al Medioevo: i monaci producevano una bevanda leggera e poco alcolica bevuta da loro stessi e dagli operai, chiamata birra singola. Le classi più abbienti consumavano un prodotto di maggiore qualità e più forte: la dubbel, ossia con il doppio degli ingredienti rispetto alla birra base, la tripel e la quadrupel. Per indicare queste birre i monaci segnavano i barili con delle croci fatte con il gesso: una croce indicava la birra normale, due croci la dubbel e tre croci la tripel.

La birra trappista rappresenta una piccola e unica nicchia di birre monastiche prodotta dalle abbazie che appartengono all'Ordine dei Cistercensi della Stretta Osservanza (OCSO) e che vivono secondo la Regola di San Benedetto. Oggi questa denominazione legale protetta è garantita dal logo Authentic Trappist Product sull’etichetta e soddisfa rigorosamente tre criteri: “i prodotti devono essere fabbricati all’interno o nei dintorni dell’abbazia, la produzione deve avvenire sotto il controllo dei monaci o delle monache e il ricavato deve essere destinato alle necessità della comunità monastica, alla solidarietà in seno all’ordine Trappista, a progetti di sviluppo e ad opere di beneficenza”. 

Dell’Associazione Internazionale Trappista fanno parte oggi dodici abbazie che vendono birra, di cui cinque in Belgio: Chimay, abbazia di Scourmont; Orval, abbazia di Notre Dame d’Orval; Rochefort, abbazia di Saint Remy de Rochefort; Westmalle, abbazia di O.L.V. van het Heilig Hart van Westmalle; e Westvleteren, abbazia di Sint Sixtus, Westvleteren. 

In degustazione la Dubbel di Westmalle, una delle birre trappiste più celebrate al mondo, prodotta dal birrificio trappista belga all’interno dell’Abbazia di Nostra Signora del Sacro Cuore di Westmalle, nel comune di Malle, nelle Fiandre. Fondata nel 1794, l’abbazia venne ampliata con il birrificio nel 1836, ma solo nel 1861 le sue birre iniziarono a essere commercializzate. Le attività vengono rallentate durante i conflitti mondiali, ma presto i monaci si rendono conto di poter risolvere parte dei loro problemi economici aumentando la produzione, tanto che oggi ha una resa annua superiore a centomila ettolitri, buona parte dei quali vengono destinate alla vendita al di fuori del Belgio. All’interno delle mura vengono prodotte dai monaci la Extra, la Dubbel e la Tripel, tre birre che riflettono i loro valori spirituali di equilibrio, semplicità e qualità.
La Dubbel è realizzata con malto pils e caramello e zucchero candito che contribuiscono a regalare un colore rosso-marrone e una schiuma spessa color crema che lascia nel calice un bellissimo disegno a pizzo. I profumi sono ricchi e complessi grazie anche alla fermentazione secondaria in bottiglia: le note di caramello, malto ed esteri fruttati (susina e uva passa) si combinano con un piacevole sentore di lievito vivo e di tostato, mentre la luppolatura è perfettamente bilanciata grazie al sapiente uso di luppoli Saaz e Styrian Golding. In bocca ha un bel corpo, una struttura ricca, ma anche una splendida facilità di beva grazie al finale lungo e asciutto.

Monastic Ale

Le birre con un richiamo alle istituzioni religiose che non possono fregiarsi della denominazione trappista, vengono denominate Monastic Ale dal BJCP (Beer Judge Certification Program), un'organizzazione che fornisce formazione e certificazione per giudici di birra in tutto il mondo. Queste birre d’abbazia non si riferiscono a uno stile specifico o a una birra particolare, ma al legame con un’abbazia o un’ex abbazia, che gestisce la pubblicità e destina parte dei proventi alla propria sussistenza o a opere di beneficenza. 

Esempio di perfetta Monastic Ale è la Tripel Karmeliet di Bosteel: Antoine Bosteel trova l'ispirazione per questa birra in una panetteria locale, affascinato dal loro pane ai multicereali, e la realizza sulla base di una ricetta storica del 1679 dell'abbazia carmelitana (o Karmelieten), a Dendermonde che utilizza orzo, frumento e avena. Con l’obiettivo di creare una birra che possa finalmente resistere alla prova del tempo, abbina secondo la tradizione, l'orzo, che fornisce sapore, colore e corpo, il grano, che conferisce leggerezza e un sottile aroma di pane bianco appena sfornato, e l'avena, che apporta una sensazione cremosa in bocca e un finale setoso. Questa birra di ispirazione trappista ha un colore dorato e un generoso cappello di schiuma bianca compatta e molto persistente, al naso domina l’aroma intensamente maltato seguito da sentori fruttati di banana, pesca, albicocca, agrumati e di erbe aromatiche, spezie e vaniglia. In bocca è una birra ricca in cui l’alcol si sente, un retaggio probabilmente anche della legge VanDerVelt, è avvolgente, molto carbonata e con un gradevole finale abboccato che bilancia un amaro magistrale.

Oud Bruin

Nelle Fiandre le birre scure invecchiate (Oud Bruin) rappresentavano una specialità regionale, con similitudini produttive che prevedevano lunghe bolliture del mosto (responsabili della caramellizzazione degli zuccheri e del caratteristico colore bruno-rossastro), un uso del luppolo tale da renderlo impercettibile e rifermentazioni con lieviti selvaggi. Con due guerre mondiali e l’avvento delle lager queste birre sono diventate progressivamente impopolari e oggi sono le poche variazioni (soprattutto le Flemish Red) a essere diventate interessanti per un pubblico di fedeli appassionati. 

Se storicamente non c’erano differenze, oggi si può dire che qualche sfumatura le diversifica in maniera sostanziale. Le Oud Bruin sono marroni con sfumature rosso ramato e una schiuma abbastanza persistente di colore variabile, hanno profumi di frutti rossi maturi e frutta secca, di malto tostato e un accenno di miele, zucchero bruciato e cioccolato. In bocca sono acide, ma perfettamente bilanciate con la dolcezza che le rende molto equilibrate e piacevoli. Le Flemish Red (o Flanders Red Ale) invece possono essere considerate il Borgogna delle birre grazie a un colore che ricorda il vino, una buona limpidezza e una schiuma abbastanza persistente; al naso sono intense e complesse, grazie anche ai lunghi passaggi in legno, richiamano i frutti rossi, note vinose, acetiche e talvolta lattiche, spezie dolci e sentori tostati. In bocca sono acide e hanno un buon corpo, con un lieve punto di amaro e una tenue astringenza. 

In degustazione la Duchesse de Bourgogne, l’esempio più noto e tra i meglio riusciti di Flemish Red. Prodotta dal birrificio artigianale Brouwerij Verhaeghe, è un blend di due birre maturate 8 e 18 mesi, poi introdotte in botti di rovere, i cui tannini conferiscono un carattere fruttato e note di acido lattico e acetico. Dal colore rubino, ha una schiuma ocra, un naso complesso, con sentori di frutti rossi, melograno e aceto di mele e un gusto dolce appena entra in bocca, seguito da un forte carattere acetico, che ricorda l’agrodolce. 

Lambic

La tipologia di birre più antiche prodotte in Belgio è il Lambic. Strettamente legato al suo territorio d’origine, a Bruxelles, alla valle della Senne e al Pajottenland, questa birra di terroir veniva un tempo prodotta in un’area di circa 500 km quadrati delimitata da Lembeek (sul fiume Senne, nel sud del Pajottenland), Kobbegem (nel Brabante fiammingo) e Bruxelles, mentre oggi solo una decina di birrifici a circa 30 km dalla Grand Place della capitale continuano la tradizione.
In questa piccola parte di Belgio, storicamente ricco di vigne e frutteti (come le ciliegie Schaarbeek, oggi richiestissime per le Kriek), batteri e lieviti si sono insediati nelle fattorie, nelle stalle, nei granai e si sono diffusi nella zona grazie a moscerini e api, regalando un mondo di microrganismi che ora popolano le travi, il legno, i muri e i pavimenti dei birrifici. 

La moderna ricetta del Lambic nasce da una legge del 1822 imposta dai dominatori olandesi che riguardava una nuova tassazione dei birrifici basata sul volume del tino di ammostamento. L’utilizzo di un mosto molto denso ha portato alla creazione di una nuova tecnica per l’ammostamento, il turbid mash, usata ancora oggi. 

Per la creazione di questa particolare birra, esistono ancora le stagioni: viene prodotta quando la temperatura esterna è inferiore a 15 gradi (da san Michele a San Giuseppe) in modo che la vasca di raffreddamento, che dipende dalla temperatura dell’aria, non sia troppo calda e che tutti i processi avvengano in maniera naturale. La fermentazione avviene in botti di legno esauste: nel primo anno si formano enterobacter (escherichia coli e cloaca), poi saccharomyces (consumano il 70% di zucchero in circa due settimane), infine i pediococcus (dannosi per uomo), mentre negli anni successivi si sviluppano i brettanomyces, consentendo alla birra una continua evoluzione.

Il Lambic che esce dalla botte è puro, “piatto”, molto secco, con aromi e un gusto dalle sfumature uniche, introvabili, nel loro insieme, in qualsiasi altra bevanda del pianeta. Dopo un anno, il Lambic puro acquisisce un carattere più acetico ed esuberante e con il passare del tempo si ammorbidisce. Spesso è utilizzato come base per la produzione di altre birre: Kriek è un lambic che rimane un paio di settimane a contatto con ciliegie schiacciate (o fragole, sambuco, basilico, ginepro, albicocca); Faro è un lambic puro che viene spillato dal gestore del bar o locale direttamente dalla botte in cui è fermentato con l’aggiunta di zucchero candito (Mort Subite è l’unico esempio commerciale); Mars è un lambic da tutti i giorni, una birra che nasce dalla ricottura delle trebbie per diminuire l’alcol di circa due terzi.

In degustazione la Gueuze del leggendario birrificio Cantillon, uno di quei prodotti che qualunque appassionato di birra di qualità non può esimersi dal provare e amare e una delle poche birre che si presta all’invecchiamento e la cui personalità evolve naturalmente in bottiglia con il passare del tempo. Si tratta di una miscela di lambic di annate differenti, prodotti con malto d’orzo e frumento provenienti da agricoltura biologica certificati Ecocert. L’aspetto è luminoso, i profumi ricchi e complessi: come primo sentore sprigiona polvere, cantina, muffa, ma in pochi secondi arriva anche tutto il resto: gli agrumi, la frutta matura, i canditi, note lattiche a citriche. In bocca l’acidità è evidente tanto da ricordare una spremuta di pompelmo, ma il contorno è il corpo che amplia e bilancia questa sensazione e la rende beverina.