Luca Pedinotti

Luca Pedinotti

Sommelier al lavoro
di Anita Croci
04 febbraio 2023

La voce ferma, i gesti morbidi, le parole misurate: Luca emana un’eleganza pacata e gentile. Un savoir-faire che un po’ ci nasci e un po’ lo coltivi, tra necessità e virtù. «La Milano di quando ho iniziato era meno preparata e più spensierata, oggi è più competente e quindi più esigente. E se la curiosità è uno stimolo positivo nell’interazione cliente-sala, non lo è la supponenza, perché mortifica il dialogo». 

Tratto da Viniplus di Lombardia - N° 23 Novembre 2022

Di padre fiorentino e mamma piacentina, il vino è un profumo che si è radicato presto nei pilastri della memoria: papà imbottigliava e i nonni materni avevano un’azienda agricola dove si coltivava anche uva. Il caso poi ha fatto la sua parte: «Andavamo al mare in Maremma e il nostro vicino di ombrellone era Giacomo Tachis. Poiché mia madre cucinava molto bene, passava le estati a cena da noi: era un uomo curioso, attento alle sperimentazioni, che aveva tanto da raccontare. Se fino ad allora del vino apprezzavo il piacere, lui mi ha trasmesso la profondità e l’enorme variabilità che caratterizzano questo mondo». 

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La facoltà di Economia e Commercio in Bocconi è una meteora: galeotto un impiego stagionale, Luca sente il richiamo per una carriera diversa e, appena ventunenne, acquista in società il primo ristorante. «Erano ancora gli anni in cui se volevi fare l’oste, riuscivi a farlo davvero». In seguito vende e rileva altre attività nell’ambito della ristorazione, sempre più focalizzato sull’argomento vino. Tra questi Exedra, cucina raffinata e vini di alto livello, protagonista per dieci anni della ristorazione milanese. «Organizzavamo degustazioni settimanali, mettevamo a confronto terroir, proponevamo abbinamenti tra vini e cucina regionale. Sono passati da noi campioni mondiali della sommellerie, come Luca Gardini e Luca Martini». 

Nel percorso professionale di Luca, che lui stesso definisce naïf, articolato da un’istintività insofferente alla monotonia, non fa eccezione l’ambito AIS: ha frequentato i corsi nei primissimi anni Duemila, ma il diploma data 2021. «Lo studio non sostituisce l’esperienza sul campo, che resta fondamentale, ma il valore di AIS è quello di fornire i mezzi e il know-how. Ritornare dopo tanti anni di professione e accorgersi che l’approccio didattico ha recepito e riflette l’evoluzione del mondo del vino, è stata occasione di ulteriore stimolo». La nascita del secondo figlio lo spinge alla sofferta scelta di rinunciare all’attività in proprio, ma non a tante soddisfazioni: come direttore di Giacomo Arengario, complice il periodo dell’EXPO, riceve una clientela di altissimo livello internazionale, tra cui la famiglia Obama. 

Collabora poi all’apertura del Lume e infine approda da Finger’s, una catena luxury restaurant di cucina creativa giapponese, dove attualmente ricopre il ruolo di F&B manager. Un pubblico alla moda e una lista vini con dei must, ma anche tanta ricerca. «Negli ultimi anni avere più tempo mi ha permesso di visitare di più le aziende, un aspetto che mi mancava moltissimo perché solo nel contatto diretto con luoghi e persone puoi conoscere veramente il prodotto e maturare la capacità di raccontarlo». E allora spazio alle identità territoriali, a piccole zone spumantistiche italiane come ai vini PIWI. E poi partnership esclusive con due maison di Champagne, birre, sakè e cocktail dedicati: una proposta dinamica e in evoluzione, senza tracce di monotonia.