L’anima cerasa d’Abruzzo

L’anima cerasa d’Abruzzo

Speciali ViniPlus
di Anita Croci
01 agosto 2024

Il vino rosa abruzzese oggi si identifica con il Cerasuolo, il cui colore sovente si discosta però dal nome: a fare ordine ci pensa l’Abruzzo Doc, che ha appena introdotto la tipologia Rosato aperta anche allo stile provenzale e a una più ampia varietà di uve

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 26 Maggio 2024

Se è vero che nell’ultimo decennio l’Abruzzo ha saputo far crescere e valorizzare anche l’anima bianchista del proprio vigneto, il montepulciano resta, a livello di numeri e di notorietà, il vitigno simbolo della sua fama enologica nel mondo. Un’immagine certamente legata al rosso, se con i suoi cento milioni di bottiglie annue il Montepulciano d’Abruzzo è numericamente il primo vino della regione, ma significativa è anche la produzione di Cerasuolo, con circa dieci milioni di bottiglie. Nel 2010 il Cerasuolo ha cessato di essere una tipologia del Montepulciano d’Abruzzo per diventare la prima Doc italiana dedicata a un vino rosa. Una denominazione che negli ultimi dieci anni ha segnato un trend in crescita. Il picco del 2019 ha assestato i numeri attuali e, dopo una lieve flessione nel 2022, l’analisi dell’Osservatorio Economico dei Vini d’Abruzzo effettuata sui dati gennaio-settembre 2023 ha rilevato un aumento a valore del 12% e a volume dell’8% circa. I consumi indicano che quasi l’80% del prodotto viene venduto all’interno della regione, mentre l’altro 20% si divide più o meno equamente tra il resto d’Italia e l’estero: un dato significativo, che conferma quanto questa tipologia sia radicata nelle abitudini enoiche degli abruzzesi – e del turismo enogastronomico.

IL CERASUOLO, IL VINO DELLA TRADIZIONE ABRUZZESE
«In Abruzzo, un po’ come in tutte le zone rurali, il vino in casa lo facevano quasi tutti e di fatto è sempre stato un Cerasuolo, in quanto il montepulciano se vinificato in rosso dà vini molto scuri e concentrati, mentre per un consumo quotidiano si preferivano vini più leggeri» ci spiega ad esempio Giuliano Pettinella, piccolo ma ormai noto produttore artigianale abruzzese che con il suo Tauma, appena tremila bottiglie contese a metà tra l’Italia e il mercato estero, ha scalato le classifiche di molte guide italiane. Per il vigneto ad alberello destinato a questo vino ha scelto un clone di montepulciano della Valle Peligna, ma più che i cloni «sono il sistema di allevamento, le condizioni pedologiche, la gestione del vigneto a determinare il carattere delle uve». Il momento cruciale è quello della raccolta: «in fase di maturazione faccio diversi campionamenti e analisi dei mosti. Per il Cerasuolo la vendemmia si anticipa di circa dieci giorni, ma non troppo perché si rischierebbe di avere vini inespressivi e con acidità un po’ ruvide. Nelle ultime annate, soprattutto quelle molto calde, lo spazio temporale ideale per il raccolto è un range molto, molto ristretto». Secondo il disciplinare, il Cerasuolo può essere vinificato in bianco o con breve macerazione, che per qualcuno arriva fino a 24/48 ore, ma non è questo il solo discrimine per l’ampia gamma cromatica che si evidenzia nelle bottiglie in commercio: Giuliano è della prima scuola, eppure il Tauma ha proprio il colore delle cerase. Il motivo? «È determinato dall’uva, perché il montepulciano ha di suo tantissimi antociani, che nel frutto si concentrano ulteriormente quando si lavora con un basso carico per pianta; inoltre, io applico una pressione medio bassa con una pressa verticale, diverso sarebbe con pressature pneumatiche molto soffici».

LE DIVERSE ANIME DEL ROSÉ IN ABRUZZO
Il tema cromatico divide i tradizionalisti da chi vira sullo stile provenzale, modello di riferimento del mercato globale. Molte aziende dedicano quindi al Cerasuolo più di un’etichetta, per abbracciare i diversi stili. «Di movimento rosa si parla molto, ma in Italia ancora stenta a decollare veramente » afferma Davide Acerra, responsabile della comunicazione del Consorzio Tutela Vini D’Abruzzo. «Il modello francese fa sì che il pubblico di non addetti ai lavori quesia impreparato di fronte a colori più intensi, per cui spesso identifica il Cerasuolo come un rosso scarico o giovane, per questo occorre fare promozione e informazione». In questi anni il Consorzio sta portando avanti un lavoro di valorizzazione del vino abruzzese, con interventi sostanziali anche sui disciplinari, che il Mipaaf ha definito “modello Abruzzo”: una ridefinizione del sistema vitivinicolo ispirato soprattutto ai principi di semplificazione e identità territoriali e vinicole. Tra queste, l’introduzione delle quattro appellazioni provinciali Colline Teramane, Colline Pescaresi, Terre de L’Aquila e Terre di Chieti, da abbinare necessariamente alle menzioni Superiore e Riserva. In futuro, anche l’individuazione delle UGA fino alla singola menzione vigna. In questa ridefinizione va visto anche l’inserimento della tipologia Rosato nella Doc Abruzzo: permette di affiancare al montepulciano diverse varietà di uve, anche bianche aromatiche, ma soprattutto abbraccia un’ampia gamma cromatica del rosa e può accogliere diversi stili produttivi, lasciando al Cerasuolo il suo colore, che si sta pensando di blindare con un preciso pantone. «L’obiettivo che ci siamo posti è far diventare il Cerasuolo il “vino rosso” di domani: in un mondo che richiede vini rossi sempre più snelli e più freschi, a causa del cambiamento climatico che ha alleggerito il gusto, il Cerasuolo rispecchia perfettamente questi requisiti e può diventare veramente una risorsa per la produzione regionale». La regione non ha una tradizione spumantistica, ma le sue uve sono vocate alla tipologia. Gli spumanti (inclusi i rosé) elaborati con Metodo Charmat erano già previsti dalla Doc Abruzzo del 2010, che includeva molti vitigni. Nel 2020 si aggiunge il marchio collettivo Trabocco, riservato a quelli elaborati da sole uve autoctone, che per il rosé si traduce in montepulciano. Un modo ancora più fresco di declinare questo straordinario vitigno.◆

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