Oltre i luoghi comuni. La serietà del Chiaretto

Oltre i luoghi comuni. La serietà del Chiaretto

Speciali ViniPlus
di Anna Basile
31 luglio 2024

Il vino dell’estate? Anche, ma non solo. Sulle sponde del Lago di Garda nasce uno vino storico dell’universo rosa italiano, il Chiaretto di Bardolino, che rivela sfaccettature e complessità inaspettate

Tratto da ViniPlus di Lombardia - N° 26 Maggio 2024

Al calar della sera in spiaggia; a rallegrare l’aperitivo estivo; a bordo piscina chiacchierando con le amiche: nell’immaginario collettivo, le situazioni ideali per bere un calice di rosé sono sempre le stesse e cercano di veicolare un’idea altrettanto fissa che cristallizza questi vini in un concetto: vini facili da bere. Etichettati come prodotti semplici, i rosé hanno sofferto per anni i limiti di certi pregiudizi e di certe lavorazioni che li volevano come le mode e il gusto del consumatore medio li immaginavano. La loro essenza, però, è un’altra, e anche il Chiaretto di Bardolino comincia a veicolarla ai suoi consumatori. Grazie alla consapevolezza dei produttori, al legame con la tradizione della zona e all’identità del terroir, da qualche anno si è diffuso un nuovo modo di intendere i vini rosa. La prima cosa da fare è mettere da parte i luoghi comuni e cominciare a degustare con le stesse aspettative che si hanno per i bianchi e i rossi: essere pronti a tutto.

LA STORICITÀ DEL CHIARETTO
Siamo in Veneto, nell’anfiteatro morenico del Lago di Garda, in un areale che si estende a est e sud-est del lago e comprende ecosistemi eterogenei con microlimi mediterranei, continentali e montani; i suoli, ricchi di depositi alluvionali risalenti alle glaciazioni, hanno una struttura molto varia che si differenzia da comune a comune – sono sedici quelli della denominazione, tra cui Bardolino e Garda. È qui che è nato il Chiaretto di Bardolino: il primo documento in cui si parla di “chiaretto” in riferimento ai vini del gardesano è l’edizione veronese del dizionario dell’Accademia della Crusca del 1806. Ma pare che già i Romani, nelle ville rustiche della Gallia Cisalpina, utilizzassero il torchio, e non la macerazione, per ottenere vini più “chiari” – si faceva il chiaretto già in epoca romana! Una storia lunga, dunque, che ha senso raccontare per capire che le mode c’entrano ben poco con il Chiaretto di Bardolino, tra i primi vini italiani ad aver ricevuto la DOC, nel 1968, proprio in nome della sua storicità.

LE SPERIMENTAZIONI E LA SCOMMESSA DELLA LONGEVITÀ
«Il rosato è una cosa seria». A dirlo sono innanzitutto i produttori, in questo caso Silvia Morando, enologa del Pignetto, l’azienda che, guidata dal papà Adriano, produce Chiaretto dagli anni Novanta e che oggi stupisce il mercato con un vino, Le Morandine: «Per noi produrre rosato non è una moda – continua Silvia –, è una caratteristica della nostra azienda; mio padre ha cominciato proprio con il rosato, la cui prima annata risale al 1991. Oggi produciamo tre tipologie di Chiaretto, per un totale di 15.000 bottiglie». I numeri del Chiaretto di Bardolino sono in crescita: il Consorzio parla di una produzione annua di circa 10 milioni di bottiglie. Il disciplinare prevede tre tipologie accomunate dal colore unico, quel rosa chiaro con brillanti sfumature aranciate, dalla freschezza, e da quella tipica nota agrumata che lo differenzia dagli altri vini rosa italiani, più legati a note di frutti di bosco e fragoline. Molti produttori stanno sperimentando le possibilità del Chiaretto di resistere all’affinamento mettendo sul mercato vini non proprio vicini alle aspettative dei consumatori. «Le sperimentazioni sono una costante del nostro – spiega ancora Silvia Morando –, è così che è nato Le Morandine, un vino che mio padre ha dedicato a me e alle mie sorelle, e che incarna tutte le potenzialità del Chiaretto». Struttura, capacità di invecchiamento, eleganza: Le Morandine è il rosé che non ti aspetti proprio perché riesce a scardinare quelle convinzioni, sbagliate e limitanti, su cui si basa l’idea di rosé. «La longevità è una possibilità reale per il Chiaretto: assaggiando Le Morandine sono in molti a non capire quello che abbiamo in mente ma noi sappiamo che le potenzialità delle uve vanno ben oltre quelle che riusciamo a immaginare».

«UNA SCELTA, NON UN RIPIEGO»
I cugini francesi, che qualcosa di vini rosa ne sanno, sono stati tra i primi a “scoprire” che il Chiaretto può essere un vino non solo capace di affrontare qualche anno di affinamento ma anche un menu stellato: Nicolas Durif, chef del ristorante l’Hysope, stellato Michelin a La Jarrie, nel 2016 selezionò vini rosa delle annate dal 1994 al 2021 e insieme a 10 rosé francesi c’era il Chiaretto di Bardolino Ròdon 2016 dell’Azienda Agricola Le Fraghe. «Il Ròdon è un vino che ha una forte identità territoriale », ci spiega Matilde Poggi della cantina Fraghe. «Dobbiamo abbandonare l’idea che il rosato sia solo un vino semplice, da sorseggiare a bordo piscina, in abbinamento a piatti estivi. Il Chiaretto si accompagna a svariate proposte gastronomiche oltre ad essere il vino della nostra tradizione. Fare rosato non è un ripiego: non decidiamo di produrlo quando l’annata non ci consente di fare un rosso, il rosato è una scelta, è la nostra storia, è il vinum clarum dei Romani che appartiene a questo territorio per tradizione». I mercati internazionali continuano ad accogliere bene questi vini – tra il 60 e il 70 per cento del Chiaretto va all’estero – e i risultati della produzione degli ultimi anni fanno ben sperare anche qui in Italia: il futuro del Chiaretto non può che essere… rosa. ◆

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